(scritto in occasione della mostra Garden of Eden/Belgravia, fotografie di Jan Stradtmann, Bloo Gallery, 18 settembre - 3 novembre 2012)
Un uomo in giacca e cravatta osserva perplesso il telefono che tiene nella mano sinistra. Un altro uomo, di schiena, guarda lontano mentre espira con forza il fumo della sigaretta, attorno a lui il verde di un parco, un sole caldo che illumina il prato e gli alberi. Di fronte, un'inferriata guida lo sguardo tra le fronde, verso gli edifici attorno al parco: il mondo che circonda l'isola di quiete e a cui le figure eleganti devono ritornare. Altri uomini e donne popolano il giardino, a volte parlano tra loro, ma incastonati nei chiari e negli scuri sembrano incapaci di emettere suono.
Nella stessa città, a poche miglia dal giardino, una serie di auto di lusso, tutte Porsche, vegliano nella notte sulle abitazioni dei loro proprietari, parcheggiate fuori dall'ingresso di una serie di villette di un quartiere residenziale. Così simili tra loro da sembrare un segno di riconoscimento, il marchio di un'appartenenza, ma anche un monito per il forestiero.
Il giardino è una piccola macchia di verde nascosta dentro Canary Wharf, uno dei distretti finanziari della città di Londra, mentre le Porsche riposano tutte assieme nella zona residenziale di Belgravia, tra le più ricche della capitale britannica. Forse alcune delle figure eleganti del giardino la sera tornano a casa proprio a Belgravia, o lavorano per compagnie possedute da residenti del quartiere: c'è una migrazione quotidiana dal lusso discreto di quelle strade alla ricchezza ostentata delle torri finanzarie che attorniano il parco.
Garden of Eden e Belgravia di Jan Stradtmann esplorano gli orli visibili del mondo della finanza contemporanea, i luoghi appena fuori dal castello dove crescono, svaniscono, cambiano di mano i capitali intangibili dell'attuale crisi finanziaria. In un'epoca di sconvolgimento della ricchezza mondiale di cui si fatica a individuare i connotati, le fotografie di Stradtmann riescono a mostrare nascondendo, facendo sentire l'assenza di ciò che non palesano.
Da anni vediamo sui giornali e in tv le stesse immagini di crolli di borse, paesi sull'orlo del fallimento, proteste popolari: neo-licenziati con la scatola di cartone in mano, grafici che puntano verso il basso, broker con la testa tra le mani. Oppure manifestanti che urlano, dettagli di banconote, simboli del dollaro. Una crisi che ha raggiunto dimensioni globali, ma che ancora sfugge a una rappresentazione adeguata alla portata dell'evento.
Stradtmann ha scelto di mostrare alcuni degli attori principali dell'evento, gli operatori finanziari, usando le loro figure per esprimere la pressione immateriale ma all'apparenza inarrestabile che pesa sul destino di molte nazioni. La tensione palpabile che attraversa i loro corpi mentre si rifugiano per qualche minuto nel giardino suggerisce meglio
di qualsiasi indice di borsa il peso degli eventi di cui sono, o pretendono di essere artefici. Intanto le Porsche riposano come trofei davanti alle loro case, a rassicurare che nulla è cambiato e che la ricchezza continuerà a crescere, e il giardino nasconde i loro gesti nervosi, muto e impassibile di fronte alla paura del vuoto che concede loro di manifestare.
All images © Jan Stradtmann
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