Wednesday, March 21, 2012
Battlefields
If we had to look for a founding myth in photography, a single image which weighed on every other photograph like none other, then probably the choice would be Roger Fenton's The Valley of the Shadow of Death. That single photograph encapsulates the main obsessions that both the theory and practice of photography faced over and over throughout the decades.
First its title has both the words 'shadow' and 'death', two ghosts which always haunted the photographic world, and no digital revolution proved able to chase away. Then it has the world 'valley', the epitome of the ambition photography always had of capturing the shapes of our world. Also, the different versions Fenton shot of the image paved the ground for the endless debate about truth in photography - what can be considered true in a photographic image, what is real and what is not (read an interesting essay by Errol Morris on the subject).
Finally, the The Valley of the Shadow of Death is about war, and photography, for better or worse, has always been feeding on it.
In the eternal return represented by Fenton's image, I will just pick three examples from three Italian artists, each of them working on a different war which made the history of our country, each of them choosing to show the invisible presence of the past in today's landscape:
Giorgio Barrera, Battlefields 1848 - 1867
Francesco Ratti, La Battaglia di Palestro
- Giorgio Barrera in his work Battlefields 1848 - 1867 went back on the sites of the main battles dof the Risorgimento, when Italy became one nation after three wars of independence. "This photographic pilgrimage retains a nation’s collective memories and deep-rooted histories by ascribing new meanings to public space. Inspired by maps from the period were used to plot out this journey and the style of Renaissance painting, Barrera’s images show “what is, after what has been.”
Paola De Pietri, To Face
- With To Face, Paola De Pietri went looking for traces of the Italian World War I front in the alps dividing separating Italy and Austria. "Now these places have become popular holiday destinations, an oasis of peace and meditation. It is difficult to find under your footsteps the echo of the battles and the drama which took place almost a hundred years ago. The innocence of today seems to have erased the violence of the past".
Recovering bodies after the Benedicta massacre, 1944
- Andrea Botto's The Memory Room is a collection of traces from a brutal nazi-fascist retaliation carried on between Genoa and Alessandria in 1944 against groups of Partisans. It shows objects from their past, old photographs, portraits, and landscapes. "Tidy landscapes where the drama of the past is clearly glimpsed through a complex system of symbolic elements: a heavy rock placed at the base of the frame, a broken branch, some furrows in the ground and the fog blurring the horizon fill a void and provide the semantic foundation on which the spectator's interpretation is based."
Andrea Botto, La Stanza della Memoria
Se dovessimo cercare un mito fondativo della fotografia, una singola immagine che ha pesato sulle fotografie di ogni epoca come nessun’altra, probabilmente la scelta dovrebbe cadere su La Valle dell’Ombra della Morte di Roger Fenton. Una fotografia che da sola contiene le principali ossessioni che la teoria e la pratica della fotografia hanno affrontato decennio dopo decennio.
Per prima cosa il titolo contiene le parole ‘ombra’ e ‘morte’, due fantasmi che hanno sempre perseguitato l’immagine fotografica, e che nessuna rivoluzione digitale è stata in grado di allontanare. Poi c’è la parola ‘valle’, esempio dell’eterna ambizione di catturare le forme del nostro mondo. Non solo: le diverse versioni di quella fotografia hanno aperto la strada al dilemma sulla verità in fotografia, che cosa può essere considerato ‘vero’ in un’immagine, cosa è reale e cosa non lo è (qui un’interessante riflessione di Errol Morris sull’argomento).
E poi La Valle dell’Ombra della Morte parla di guerra, e la fotografia ovviamente se ne nutre da sempre, nel bene e nel male.
Nell’eterno ritorno rappresentato dall’immagine di Fenton, ho scelto tre artisti italiani che hanno lavorato ognuno su una guerra che ha segnato la storia del nostro paese, e ognuno di loro ha scelto di mostrare la presenza invisibile del passato nel paesaggio di oggi:
Giorgio Barrera, Battlefields 1848 - 1867
Vincenzo Giacomelli, La Battaglia di Pastrengo
- Giorgio Barrera in Battlefields 1848 - 1867 ritorna sui luoghi delle principali battaglie del Risorgimento, muovendosi lungo tre guerre d’indipendenza.
"Paesaggio, quindi, non come semplice veduta naturalistica ma come espressione dell'interazione tra passato e presente. Ho posto al centro della mia ricerca la riflessione dello spazio pubblico come tema, e allo stesso tempo contenitore della memoria collettiva, cercando di portare alla luce le memorie storiche sedimentate nel territorio e nascoste dai veli della quotidianità".
Paola De Pietri, To Face
- In To Face, Paola De Pietri ripercorre i segni della Prima Guerra Mondiale lungo il fronte italiano che attraversa le Alpi tra l’Italia e l’Austria.
“Adesso questi luoghi sono meta di escursioni e luoghi di vacanza, oasi di pace e meditazione. Risulta difficile ritrovare sotto i propri passi l’eco delle battaglie e del dramma avvenuto quasi cento anni fa. L’innocenza dell’oggi sembra avere cancellato la violenza del passato”.
Paola De Pietri, To Face
- La Stanza della Memoria di Andrea Botto è una raccolta di reperti dal tempo dei rastrellamenti nazifascisti avvenuti tra Genova e Alessandria nel 1944 contro gruppi di partigiani. Ci mostra oggetti di quell’epoca, fotografie antiche, volti, e paesaggi.
"Scene di paesaggio in cui il dramma del passato viene reso evidente per il tramite di una trama complessa di elementi simbolici: un pesante masso appoggiato alla base dell'inquadratura, un ramo spezzato, alcuni solchi nella terra, la nebbia che sfuma la linea dell'orizzonte, tamponano un'assenza e forniscono il sostrato semantico sul quale si basa l'interpretazione dello spettatore".
Andrea Botto, La Stanza della Memoria
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