Roger Ballen, Boarding House
The 19th edition of the Savignano Immagini Festival will take place on September 10-12 in Savignano sul Rubicone, Italy. Roger Ballen's Boarding House, We English by Simon Roberts, a new chapter in the Global Photography group show are among the many exhibitions of the festival. Lectures, conferences, slideshows, portfolio reviews and much more will happen during the three days.
Daniele Federico, aka Becoming a Photo Editor, kindly handed me an interview he made with Massimo Sordi and Stefania Rössl, members of the festival's organising committee and curators of some of the most relevant exhibitions of this year's edition, which I present here with much pleasure (Italian only).
La 19esima edizione del Savignano Immagini Festival si svolgerà dal 10 al 12 settembre a Savignano sul Rubicone. Boarding House di Roger Ballen, We English di Simon Roberts, un nuovo capitolo della collettiva Global Photography sono tra le mostre presentate quest'anno. Incontri, conferenze, proiezioni e letture portfolio sono previsti lungo i tre giorni del festival.
Daniele Federico, alias Becoming a Photo Editor, mi ha fatto gentile dono dell'intervista che ha realizzato pochi giorni fa con Massimo Sordi e Stefania Rössl, membri del comitato organizzativo del SI Fest e curatori delle principali mostre di quest’anno.
Buona lettura.
Simon Roberts, We English
- Com’è nato il tema di quest’anno e che significato assume in questa edizione?
- Stefania Rössl: negli ultimi 3 anni il tema era stato quello dell’identità e della percezione, ovvero un focus rivolto al soggetto, ma anche rispetto all’ambiente che lo circonda. Partendo da questo assunto lanciato dall’ex direttore, Laura Serani, abbiamo pensato a una declinazione che continuasse quel percorso, ma allargandolo. Abbiamo intitolato inizialmente “Abitare il mondo”, che poi è diventato Abitare mondi per estendere la presenza di identità plurali che tipicamente ci contraddistinguono in quest’epoca. “Abitare mondi” riesce così a ospitare tutta una serie di mostre a partire dal tema del proprio corpo. Ad esempio Silvia Camporesi è una fotografa che esprime una sorta d’identità mutevole nel corso delle sue differenti rappresentazioni; poi c’è un autore come Italo Zannier che affronta una riflessione sulla identità italiana; ma anche le mostre principali tra quella di Roger Ballen che in Boarding House mescola la propria visione del corpo attraverso degli spazi che riflettono se stesso e la sua identità e contemporaneamente apre a delle riflessioni molto più profonde. Successivamente avremo Simon Roberts che in We English identifica il modo di vivere contemporaneo nei temi dello spazio libero nel tempo presente.
- Massimo Sordi: c’è poi il progetto che è giunto alla sua seconda edizione, Global Photography. Riguarda la fotografia giovane ed emergente, portando degli autori molto conosciuti nell’ambiente estero, ma poco in Italia. A volte sono autori giovanissimi e caratterizzati da un’alta qualità espressiva. Abbiamo deciso di fare questa mostra che in seguito andrà a Roma e poi in Russia, con un catalogo dedicato.
C’è una grossa volontà, da parte mia e di Stefania, di dedicare il progetto alla fotografia giovane. E siamo molto curiosi di scoprire che risposta ci sarà. Abbiamo selezionato centinaia e centinaia di fotografi da noi personalmente contattati, in base alla qualità e alla pertinenza dei lavori presentati. Il sottotitolo di Global Photography è True stories, ovvero storie vere. E io aggiungo un punto interrogativo in riferimento all’ambiguità e alla supposta veridicità propria del linguaggio fotografico.
- Per molti un festival ha anche il compito di avvicinare le persone che non appartengono a quel determinato mondo, in questo caso la fotografia. Secondo voi che ruolo ha un festival quando propone autori non immediatamente comprensibili o fruibili al pubblico di tipo generalista?
- Stefania Rössl: Savignano Immagini è nato come evento dedicato alla lettura dei lavori fotografici. Inizialmente si chiamava “Portfolio in Piazza”. Già c’era l’idea di avvicinare i fotoamatori e i giovani di fotografia agli esperti del settore e di seguire le persone che volevano avvicinarsi. Noi collaboriamo con il SI Fest da cinque anni e forse abbiamo preso quella che è poi diventata la sua naturale evoluzione avvenuta attraverso Mario Cresci e Denis Curti, che sono stati i direttori precedenti a Laura Serani. Noi abbiamo ragionato proprio su questo, per cercare di far evolvere questa tradizione di “Portfolio in Piazza” e quindi d’incontro con i professionisti. Come un festival può lasciare un’eco profonda nel pubblico vasto? In questo senso un’iniziativa come “Global Photography” riprende l’eredità di “Portfolio in Piazza” per estenderle anche all’estero. Prima dell’anno scorso i giovani fotografi già affermati all’estero non conoscevano il SI Fest, cosa che sta accadendo ora grazie a un passaparola attivata dal Global Photography dell’anno scorso.
Per me un festival deve prima di tutto porre degli interrogativi sulla fotografia contemporanea: ci sono diversi livelli di lettura delle immagini fotografiche e da una parte è interessante spiegare e raccontare la fotografia, dall’altra è interessante che ognuno di noi, rispetto alla propria storia e conoscenza, si faccia un’opinione personale. L’idea è di contaminare anche con video e di sovrapporre altri linguaggi distinti.
- Massimo Sordi: il ragionamento si collega al lavoro di Roger Ballen. Proprio la sua è una fotografia che esce dalla fotografia, ricca di contaminazioni provenienti da altri mondi. Guardando le sue immagini si può pensare all’arte a 360 gradi eppure restano delle fotografie. C’è da dire che l’apertura del festival a mondi ‘altri’ è avvenuta soprattutto con la direzione di Laura Serani, in qualche modo è diventato un festival d’élite. Nel senso che le scelte di quest’anno sono molto precise e spesso includono autori non conosciuti in Italia dove la cultura legata alla fotografia è piuttosto critica: l’anno scorso abbiamo fatto un paio di conferenze con ospiti italiani e internazionali in cui si concludeva che in Italia tutta la cultura è messa male e non viene assolutamente supportata. Anche se c’è da dire che con l’avvento delle piattaforme di comunicazione digitale, come i blog, si nota già un cambiamento. Sono curioso quest’anno di vedere che risposta avremo dal pubblico più giovane.
Mark Steinmetz, South
- Quest’anno non c’è il direttore artistico e quindi una figura di riferimento. Per voi questo fatto ha rappresentato una mancanza o una possibilità?
- Massimo Sordi: penso che come per tutte le cose, nelle democrazie questo doppio aspetto c’è sempre. Non è stato facile mettere d’accordo le diverse proposte di quest’anno. Principalmente siamo stati io e Stefania a portare avanti il corpus degli autori in mostra. La nostra idea iniziale era comunque di avere un comitato forte, ma sempre affidando la regia a una figura esterna che cambi di volta in volta. Per Arles succede così. L’anno scorso Nan Goldin guidava molte scelte delle scelte e c’è stata un’ottima qualità. Di volta in volta affidarsi a uno sguardo esterno propositivo può rappresentare un arricchimento.
- Stefania Rössl: è vero, il modello di Arles è molto buono. Ogni anno vengono chiamati dei commissari e per ciascuno si riesce a individuare il tipo di taglio dato alle mostre. Quest’anno non c’è stato il tempo di avviare una simile macchina senza rischiare di fare errori concettuali, magari l’anno prossimo. A noi interessa un confronto e non il direttore in sé. E poi per noi è importante rivolgerci a un piccolo centro come Savignano che comunque ha acquisito una tradizione e un valore importanti.
Andrew Phelps, The Edge of the Spiral
- Parlatemi del progetto Sin_tesis.
- Stefania Rössl: Il progetto nasce da una convenzione tra “Istituzione Cultura Savignano” e la facoltà di Architettura di Cesena e in particolare il dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale di Bologna, l’università a cui apparteniamo. Qualche anno fa Stefano Bellavista, ex assessore alla cultura ci aveva chiamato per ragionare su come la fotografia potesse aiutare la lettura del territorio di Savignano e cinque anni fa abbiamo elaborato Parco del Rubicone. Ipotesi di paesaggio per capire come la fotografia se diventa documentazione possa aiutare i tecnici dell’ufficio di Piano, che al tempo lavoravano a una riqualificazione del parco e del fiume Rubicone. Dopo 3 anni in cui abbiamo visto lavorare fotografi, studenti e critici, siamo passati a sin_tesis. L’insieme territoriale d’imprese e di industrie che vivono in questi territori. Alla fine di questi 4 anni cercheremo, appunto, di sintetizzare questo lungo lavoro pluriennale. Quest’anno l’ultima campagna fotografica è stata seguita da Andrew Phelps, fotografo di origine americana che ora vive in Austria e che ha seguito il workshop di giugno. In questa edizione vedremo il prodotto della campagna sin_tesis lab 02. Marco Zanta, specializzato nei paesaggi industriali, è stato il primo fotografo ad avviare il progetto sin_tesis. Poi c’è stata la campagna senza Workshop di Martin Parr che si è occupato più delle industrie di moda e calzaturiere. Abbiamo già previsto una campagna a settembre per Mark Steinmetz.
Organizziamo due o tre campagne fotografiche all’anno, una delle quali comprende anche un workshop. L’idea è indagare l’industria e come cambia il paesaggio e quindi il sociale.
- Fin’ora cosa ti ha sorpreso di più del progetto sin_tesis?
- Massimo Sordi: Già l’anno scorso il workshop, pubblicizzato in campo internazionale, ha portato degli autori che seppure giovani sono molto, molto bravi. Ed è il caso della mostra che vedremo in questa edizione. Non dimentichiamo che rispetto ai molti autori affermati, ma che negli anni continuano a ripetere gli stessi concetti, la fotografia che portiamo a Savignano propone fotografi che si mettono spesso in discussione e che sperimentano nuovi linguaggi. L’esperienza ci ha poi portato ad altre situazioni: quest’anno organizziamo una conferenza sulle campagne fotografiche rivolte al territorio. “Intersezione di paesaggi contemporanei”. Parleremo anche di un particolare blog che si occupa di fotografia di paesaggio, siamo molto ricettivi verso quello che troviamo sui media digitali.
- Stefania Rössl: è anche un modo per restituire a Savignano quello che Savignano produce nel momento in cui ospita un festival di fotografia come il SI Fest. È importante anche sensibilizzare i fotografi a indagare gli elementi importanti che sono ogni giorno sotto in nostri occhi, per capire l’evoluzione della nostra vita.
Joakim Eskildsen, The Roma Journeys
The 19th edition of the Savignano Immagini Festival will take place on September 10-12 in Savignano sul Rubicone, Italy. Roger Ballen's Boarding House, We English by Simon Roberts, a new chapter in the Global Photography group show are among the many exhibitions of the festival. Lectures, conferences, slideshows, portfolio reviews and much more will happen during the three days.
Daniele Federico, aka Becoming a Photo Editor, kindly handed me an interview he made with Massimo Sordi and Stefania Rössl, members of the festival's organising committee and curators of some of the most relevant exhibitions of this year's edition, which I present here with much pleasure (Italian only).
La 19esima edizione del Savignano Immagini Festival si svolgerà dal 10 al 12 settembre a Savignano sul Rubicone. Boarding House di Roger Ballen, We English di Simon Roberts, un nuovo capitolo della collettiva Global Photography sono tra le mostre presentate quest'anno. Incontri, conferenze, proiezioni e letture portfolio sono previsti lungo i tre giorni del festival.
Daniele Federico, alias Becoming a Photo Editor, mi ha fatto gentile dono dell'intervista che ha realizzato pochi giorni fa con Massimo Sordi e Stefania Rössl, membri del comitato organizzativo del SI Fest e curatori delle principali mostre di quest’anno.
Buona lettura.
Simon Roberts, We English
- Com’è nato il tema di quest’anno e che significato assume in questa edizione?
- Stefania Rössl: negli ultimi 3 anni il tema era stato quello dell’identità e della percezione, ovvero un focus rivolto al soggetto, ma anche rispetto all’ambiente che lo circonda. Partendo da questo assunto lanciato dall’ex direttore, Laura Serani, abbiamo pensato a una declinazione che continuasse quel percorso, ma allargandolo. Abbiamo intitolato inizialmente “Abitare il mondo”, che poi è diventato Abitare mondi per estendere la presenza di identità plurali che tipicamente ci contraddistinguono in quest’epoca. “Abitare mondi” riesce così a ospitare tutta una serie di mostre a partire dal tema del proprio corpo. Ad esempio Silvia Camporesi è una fotografa che esprime una sorta d’identità mutevole nel corso delle sue differenti rappresentazioni; poi c’è un autore come Italo Zannier che affronta una riflessione sulla identità italiana; ma anche le mostre principali tra quella di Roger Ballen che in Boarding House mescola la propria visione del corpo attraverso degli spazi che riflettono se stesso e la sua identità e contemporaneamente apre a delle riflessioni molto più profonde. Successivamente avremo Simon Roberts che in We English identifica il modo di vivere contemporaneo nei temi dello spazio libero nel tempo presente.
- Massimo Sordi: c’è poi il progetto che è giunto alla sua seconda edizione, Global Photography. Riguarda la fotografia giovane ed emergente, portando degli autori molto conosciuti nell’ambiente estero, ma poco in Italia. A volte sono autori giovanissimi e caratterizzati da un’alta qualità espressiva. Abbiamo deciso di fare questa mostra che in seguito andrà a Roma e poi in Russia, con un catalogo dedicato.
C’è una grossa volontà, da parte mia e di Stefania, di dedicare il progetto alla fotografia giovane. E siamo molto curiosi di scoprire che risposta ci sarà. Abbiamo selezionato centinaia e centinaia di fotografi da noi personalmente contattati, in base alla qualità e alla pertinenza dei lavori presentati. Il sottotitolo di Global Photography è True stories, ovvero storie vere. E io aggiungo un punto interrogativo in riferimento all’ambiguità e alla supposta veridicità propria del linguaggio fotografico.
- Per molti un festival ha anche il compito di avvicinare le persone che non appartengono a quel determinato mondo, in questo caso la fotografia. Secondo voi che ruolo ha un festival quando propone autori non immediatamente comprensibili o fruibili al pubblico di tipo generalista?
- Stefania Rössl: Savignano Immagini è nato come evento dedicato alla lettura dei lavori fotografici. Inizialmente si chiamava “Portfolio in Piazza”. Già c’era l’idea di avvicinare i fotoamatori e i giovani di fotografia agli esperti del settore e di seguire le persone che volevano avvicinarsi. Noi collaboriamo con il SI Fest da cinque anni e forse abbiamo preso quella che è poi diventata la sua naturale evoluzione avvenuta attraverso Mario Cresci e Denis Curti, che sono stati i direttori precedenti a Laura Serani. Noi abbiamo ragionato proprio su questo, per cercare di far evolvere questa tradizione di “Portfolio in Piazza” e quindi d’incontro con i professionisti. Come un festival può lasciare un’eco profonda nel pubblico vasto? In questo senso un’iniziativa come “Global Photography” riprende l’eredità di “Portfolio in Piazza” per estenderle anche all’estero. Prima dell’anno scorso i giovani fotografi già affermati all’estero non conoscevano il SI Fest, cosa che sta accadendo ora grazie a un passaparola attivata dal Global Photography dell’anno scorso.
Per me un festival deve prima di tutto porre degli interrogativi sulla fotografia contemporanea: ci sono diversi livelli di lettura delle immagini fotografiche e da una parte è interessante spiegare e raccontare la fotografia, dall’altra è interessante che ognuno di noi, rispetto alla propria storia e conoscenza, si faccia un’opinione personale. L’idea è di contaminare anche con video e di sovrapporre altri linguaggi distinti.
- Massimo Sordi: il ragionamento si collega al lavoro di Roger Ballen. Proprio la sua è una fotografia che esce dalla fotografia, ricca di contaminazioni provenienti da altri mondi. Guardando le sue immagini si può pensare all’arte a 360 gradi eppure restano delle fotografie. C’è da dire che l’apertura del festival a mondi ‘altri’ è avvenuta soprattutto con la direzione di Laura Serani, in qualche modo è diventato un festival d’élite. Nel senso che le scelte di quest’anno sono molto precise e spesso includono autori non conosciuti in Italia dove la cultura legata alla fotografia è piuttosto critica: l’anno scorso abbiamo fatto un paio di conferenze con ospiti italiani e internazionali in cui si concludeva che in Italia tutta la cultura è messa male e non viene assolutamente supportata. Anche se c’è da dire che con l’avvento delle piattaforme di comunicazione digitale, come i blog, si nota già un cambiamento. Sono curioso quest’anno di vedere che risposta avremo dal pubblico più giovane.
Mark Steinmetz, South
- Quest’anno non c’è il direttore artistico e quindi una figura di riferimento. Per voi questo fatto ha rappresentato una mancanza o una possibilità?
- Massimo Sordi: penso che come per tutte le cose, nelle democrazie questo doppio aspetto c’è sempre. Non è stato facile mettere d’accordo le diverse proposte di quest’anno. Principalmente siamo stati io e Stefania a portare avanti il corpus degli autori in mostra. La nostra idea iniziale era comunque di avere un comitato forte, ma sempre affidando la regia a una figura esterna che cambi di volta in volta. Per Arles succede così. L’anno scorso Nan Goldin guidava molte scelte delle scelte e c’è stata un’ottima qualità. Di volta in volta affidarsi a uno sguardo esterno propositivo può rappresentare un arricchimento.
- Stefania Rössl: è vero, il modello di Arles è molto buono. Ogni anno vengono chiamati dei commissari e per ciascuno si riesce a individuare il tipo di taglio dato alle mostre. Quest’anno non c’è stato il tempo di avviare una simile macchina senza rischiare di fare errori concettuali, magari l’anno prossimo. A noi interessa un confronto e non il direttore in sé. E poi per noi è importante rivolgerci a un piccolo centro come Savignano che comunque ha acquisito una tradizione e un valore importanti.
Andrew Phelps, The Edge of the Spiral
- Parlatemi del progetto Sin_tesis.
- Stefania Rössl: Il progetto nasce da una convenzione tra “Istituzione Cultura Savignano” e la facoltà di Architettura di Cesena e in particolare il dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale di Bologna, l’università a cui apparteniamo. Qualche anno fa Stefano Bellavista, ex assessore alla cultura ci aveva chiamato per ragionare su come la fotografia potesse aiutare la lettura del territorio di Savignano e cinque anni fa abbiamo elaborato Parco del Rubicone. Ipotesi di paesaggio per capire come la fotografia se diventa documentazione possa aiutare i tecnici dell’ufficio di Piano, che al tempo lavoravano a una riqualificazione del parco e del fiume Rubicone. Dopo 3 anni in cui abbiamo visto lavorare fotografi, studenti e critici, siamo passati a sin_tesis. L’insieme territoriale d’imprese e di industrie che vivono in questi territori. Alla fine di questi 4 anni cercheremo, appunto, di sintetizzare questo lungo lavoro pluriennale. Quest’anno l’ultima campagna fotografica è stata seguita da Andrew Phelps, fotografo di origine americana che ora vive in Austria e che ha seguito il workshop di giugno. In questa edizione vedremo il prodotto della campagna sin_tesis lab 02. Marco Zanta, specializzato nei paesaggi industriali, è stato il primo fotografo ad avviare il progetto sin_tesis. Poi c’è stata la campagna senza Workshop di Martin Parr che si è occupato più delle industrie di moda e calzaturiere. Abbiamo già previsto una campagna a settembre per Mark Steinmetz.
Organizziamo due o tre campagne fotografiche all’anno, una delle quali comprende anche un workshop. L’idea è indagare l’industria e come cambia il paesaggio e quindi il sociale.
- Fin’ora cosa ti ha sorpreso di più del progetto sin_tesis?
- Massimo Sordi: Già l’anno scorso il workshop, pubblicizzato in campo internazionale, ha portato degli autori che seppure giovani sono molto, molto bravi. Ed è il caso della mostra che vedremo in questa edizione. Non dimentichiamo che rispetto ai molti autori affermati, ma che negli anni continuano a ripetere gli stessi concetti, la fotografia che portiamo a Savignano propone fotografi che si mettono spesso in discussione e che sperimentano nuovi linguaggi. L’esperienza ci ha poi portato ad altre situazioni: quest’anno organizziamo una conferenza sulle campagne fotografiche rivolte al territorio. “Intersezione di paesaggi contemporanei”. Parleremo anche di un particolare blog che si occupa di fotografia di paesaggio, siamo molto ricettivi verso quello che troviamo sui media digitali.
- Stefania Rössl: è anche un modo per restituire a Savignano quello che Savignano produce nel momento in cui ospita un festival di fotografia come il SI Fest. È importante anche sensibilizzare i fotografi a indagare gli elementi importanti che sono ogni giorno sotto in nostri occhi, per capire l’evoluzione della nostra vita.
Joakim Eskildsen, The Roma Journeys
1 comment:
ottimo progetto quello del SI FEST, ormai diventato un appuntamento fisso per tutti gli amanti della fotografia. avanti così :)
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