Washington, D.C. New Year celebration, 1940. National Photo Company Collection, safety negative.
Thursday, December 31, 2009
Monday, December 28, 2009
Fragile present
Reconstructions © Iosif Király
"Iosif Király (b.1957) is an artist working with photography, based in Bucharest. His work focuses on the relationship between perception, time and memory."
Well, he couldn't have summarised better the vast amount of images spread in several bodies of work, where the tension between grasping the reality as it is happening and the urge to question our own gaze on things is palpable everywhere; so he seems to move in a present time that is constantly haunted by its past, that needs to be constantly framed, reconstructed, interpreted, before it disappears again and becomes something else, once more.
His work can be viewed within the group exhibition History, Memory, Identity. Contemporary Photography from Eastern Europe (from 13th December 2009 to 14th March 2010) by the Fondazione Fotografia of the Fondazione Cassa di Risparmio di Modena; he will also hold a workshop together with fellow artist Calin Dan next March, part of a series of workshop promoted by the same Foundation.
Iosif Király, Reconstruction, Mogosoaia, Lenin, Groza 2a, 2006
"Iosif Király (1957), residente a Bucarest, è un artista che lavora con la fotografia. Il suo lavoro è principalmente dedicato all'esplorazione dei rapporti tra percezione, tempo e memoria."
L'artista stesso non poteva davvero riassumere meglio la grande quantità di immagini disseminate nelle sue diverse serie, dove la tensione tra afferrare la realtà davanti agli occhi e il bisogno di interrogare il nostro stesso sguardo sulle cose è ovunque palpabile. Király sembra muoversi in un presente inseguito dal proprio passato, un presente da reinquadrare, ricostruire e interpretare costantemente, prima che sparisca di nuovo e diventi altra cosa, ancora una volta.
Il suo lavoro è incluso nella mostra Storia, Memoria, Identità. Fotografia Contemporanea dell'Est Europa (dal 13 dicembre 2009 al 14 marzo 2010), della Fondazione Fotografia presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena; Király terrà anche un workshop con l'artista Calin Dan il prossimo marzo, all'interno di una serie di laboratori promossi dalla stessa Fondazione.
Iosif Király, The Kiraly Family, 1988
Tuesday, December 22, 2009
Christmas gifts
The Becher Box © beierle + keijser
A few days ago I made myself a present (enriched by other goodies I will shortly illustrate you): I purchased a copy of the Becher Box by Norman Beierle & Hester Keijser (most of you will know them, have already heard about the box and know their awesome blog Mrs Deane), a set of twenty 13x17 cm (approx. 5x7 inch) digital C-prints on Fuji DP II Glossy Pearl Paper from their Joghurtbecher series, where the Dutch duo remixes the Becher typologies in the funniest possible way.
Hester was so nice that she added a copy of their book Hier gebeurt nooit wat/Nothing ever happens here, basically their own reinterpretation of Joel Sternfeld's On This Site: twenty images depicting the sites where twenty stories told by the residents of the town of Leeuwarder took place. The images are elegant low key urban landscapes, and the book is a delicious little object, from the cover (and the backcover with a sketchy groundglass) to the choice of paper and the sweet saddle-stitch binding.
Last but not least, Hester made me another surprise by shipping me the six posters collecting the portraits from their Mars 050 project, hilarious and yet sophisticated portraits showing exactly that kind of irony that I, as a glossy son of the Mediterranean sea, would call 'the Northern humour'.
Nothing nicer than blatantly promote the work made by friends: do I get something in return? Of course not, you suspicious misanthropes, it is simply really good stuff.
Front cover of Hier gebeurt nooit wat/Nothing ever happens here © beierle + keijser
Alcuni giorni fa mi sono fatto un regalo (arricchito da alcune sorprese che vi illustrerò): ho acquistato una copia della Becher Box di Norman Beierle & Hester Keijser (molti di voi già conosceranno il loro lavoro come del resto il loro splendido blog Mrs Deane), un set di venti immagini 13x17 cm su carta Fuji DP II Glossy Pearl dalla loro serie Jogurtbecher, dove il duo olandese rilegge le tipologie dei coniugi Becher nel modo più buffo possibile.
Hester è stata così generosa da aggiungere una copia del loro libro Hier gebeurt nooit wat/Nothing ever happens here, la loro versione intima di On this Site di Joel Sternfeld, venti immagini di luoghi accompagnate da venti storie raccolte tra i residenti della città di Leeuwarder. Le immagini sono eleganti paesaggi urbani sottovoce, il llibro è un piccolo oggetto delizioso, dalla copertina (o il retro, con il disegno abbozzato di un vetro smerigliato) alla scelta della carta o all'artigianale rilegatura a filo.
Per ultimo, sono stato anche omaggiato dei sei poster che raccolgono i ritratti dal progetto Mars 050, immagini sofisticate e comiche al tempo stesso che esprimono perfettamente quello che da mediterraneo stereotipato definirei 'l'ironia delle genti del Nord'.
Niente di più piacevole che promuovere il lavoro degli amici: ci ricavo qualcosa? Certo che no, malpensanti, si tratta soltanto di riconoscere il bello fatto dagli altri.
Mars-050 poster project © beierle + keijser
Monday, December 21, 2009
From a certain distance
Tancredi Mangano, Da una certa distanza/From a certain distance, 2009
Back after a week of forced leave from the blog, I'm here again with one more example of Italian photography delved into a research of something that goes beyond the mere relevance of a subject, or the use of stunning viusal effects: Tancredi Mangano is one of those photographic artists who chose the most difficult path, rarifying the content of his images, leaving only what's necessary, venturing in a territory where the eye of the beholder is not captured or shocked, but gently invited to stay, to let the image breathe. Photography that relies on the patience of who's watching, trusting in eyes that will give the images the time to disclose themselves, photographs living of a delicate balance, always on the verge of a great achievement or of a great failure.
Tancredi Mangano, Inabitanti, 2003-2005
Di ritorno dopo una settimana di assenza forzata, ecco un altro esempio di fotografia italiana dedita alla ricerca di qualcosa che vada davvero al di là della rilevanza del soggetto trattato o dell'uso di forti effetti visivi: Tancredi Mangano è uno di quegli artisti fotografici che hanno scelto la strada più difficile, inseguendo una rarefazione del contenuto delle proprie immagini, lasciando solo ciò che è necessario, avventurandosi in un territorio dove l'occhio di chi guarda non viene catturato o scioccato, ma solo invitato a rimanere, a lasciare che l'immagine possa respirare.
È una fotografia che si nutre ddell'attenzione di chi guarda, confidando in occhi che diano tempo alle immagini di schiudersi, fotografie dal delicato equilibrio, sempre sull'orlo di una grande riuscita o di un grande fallimento.
Tancredi Mangano, Eden, 2005-2007
Saturday, December 12, 2009
Holy pieces
Nicola Civiero, piece #8, from L'inconciliabilità del pensiero di Dio con il fatto quotidiano/The irreconcilability of the concept of God with the daily act, 2009
More on religion, more on Italy (fifth photographer in a row, unprecedented): altar pieces and sacred icons are turned upside down in Nicola Civiero's work, the closest thing to Jerry N. Uelsmann
I have ever seen coming from this country, but with that mix of sarcasm, will to desecrate and genuine torment that only the land hosting Vatican City can express.
Nicola Civiero, Non mi lasceranno andare/The Seven, 2008
Di nuovo sul tema della religione e sull'Italia (quinto fotografo di seguito, mai accaduto): pale d'altare e icone sacre vengono stravolte dal lavoro di Nicola Civiero, la cosa più vicina a Jerry N. Uelsmann che abbia mai visto venire da queste terre, ma con quel tormento misto a sarcasmo e dissacrazione che solo il paese che ospita Città del Vaticano può offrire.
Nicola Civiero, Il peso di Dio/God's weight, 2006
Friday, December 11, 2009
Holy lines
Gianni Ferrero Merlino, DOM k1, 2009
We often say that one of the problems we have here in Italy is that our history is paved with centuries of such amazing art (which is still everywhere around us) that it becomes hard to feel creation as something projected into the future: enough reason to appreciate the DOM series by Gianni Ferrero Merlino, a fascinating visual reinterpretation of some of the temples of the Catholic religion, pinnacles of authority and of pure artistic majesty at the same time.
Gianni Ferrero Merlino, DOM k3, 2009
Si dice spesso che uno dei problemi che abbiamo qui in Italia è che la nostra storia è così piena di opere d'arte insuperabili che a volte diventa difficile pensare l'atto creativo come qualcosa di proiettato nel futuro: ragion sufficiente per apprezzare le serie dei DOM di Gianni Ferrero Merlino, affascinanti reinterpretazioni visive di alcuni dei templi della religione cattolica, espressione al tempo stesso di un'autorità assoluta e di pura maestosità artistica.
Gianni Ferrero Merlino, DOM f6, 2008
Thursday, December 10, 2009
A geography of questions
Vincenzo Castella, #10254 East Jerusalem, 2009
"I have the feeling that it is not the people who change the cities, but rather the cities themselves manage to communicate and to look like each other more and more. [...]
Cities evolve conforming their basic traits without any real human intervention, changing their system of relationships, tresholds, divisions and similarities."
(My own translation)
The photographs of Vincenzo Castella seems to me like an endless effort to contain a dispersion, a scattering of shapes and spaces, a request to the eye of the beholder to explore and to try to understand a logic that more and more is becoming alien to ourselves.
His online presence is as scattered as his photographic views: find more images here, here and also here, read a dissertation about his work (Italian only, sorry), and to have a better idea of what he really does you might want to take a look at his latest book Siti 98-08, or at least have a glimpse of the artist at work.
Vincenzo Castella, Malpensa, Milano, 2002
"Sospetto che non siano tanto le persone che cambiano le città, ma che esse stesse quasi automaticamente riescano a comunicare tra loro e ad assomigliarsi sempre di più. [...]
Le città cambiano uniformando i loro aspetti senza l’intervento degli uomini, cambiando il sistema di relazioni, la soglia, la divisione, la somiglianza."
Le fotografie di Vincenzo Castella sembrano esprimere un perenne sforzo di contenere una dispersione, una frammentazione di forme e luoghi, come fossero una richiesta fatta all'occhio di chi guarda di esplorare e di provare a comprendere una logica che sempre di più appare aliena a noi stessi.
La sua presenza on line è frammentaria come le sue vedute, potete trovare altre immagini qui, qui e anche qui, leggere una dissertazione sul suo lavoro oppure provare a farvi un'idea migliore della sua ricerca con il suo ultimo libro, Siti 98-08, o almeno dare un'occhiata all'artista al lavoro.
Vincenzo Castella, #4 Napoli, 2006
Tuesday, December 8, 2009
In the darkness of a space
Luca Andreoni and Antonio Fortugno, Tunnel 134, 2005
When you try to explore a photographic scene mostly through the Internet, what can happen is that by pure chance you fall into somebody you never heard of, born and living in your own country and who has been working solidly for the last 15 years at least. It is always a pleasant surprise to find new Italian photographers so rigorous, so into their own personal research and free from frills and catchy imagery as Luca Andreoni and his former photographic partner Antonio Fortugno prove to be with their investigations of the experience of places.
The subject is not inside the photograph, the subject is the photograph.
Luca Andreoni, Orridi 193, 2007
Quando si cerca di esplorare una scena fotografica principalmente attraverso Internet, quello che può accadere è di imbattersi in autori mai sentiti prima, nati e che lavorano nel proprio paese e che magari hanno alle spalle già almeno quindici anni di produzione di alto livello.
È sempre un piacere scoprire nuovi fotografi italiani così rigorosi e così dediti alla loro ricerca personale, senza strizzate d'occhio e effetti a buon mercato, come Luca Andreoni e Antonio Fortugno esprimono con le loro indagini sull'esperienza dei luoghi.
Il soggetto non è dentro la fotografia, il soggetto è la fotografia.
Luca Andreoni, Crepacci 143, 2008
Monday, December 7, 2009
Winter Stories
Winter Stories © Paolo Ventura
I just had a look at Conscientious' Best Photo Books of 2009 and I felt I had to add my own pick, especially because I think it shows perfectly how "there is no simple way to describe what contemporary photography is", as Jörg M. Colberg remarks at the end of his personal list: my choice would surely include Paolo Ventura's Winter Stories, a magical tale with no words made of sad clowns, sword eaters, dusty bookshops and all the things hiding inside the sound of an old grammophon.
'All power to the imagination', they used to say: Winter Stories is among the finest examples of how this can be expressed in photography.
Winter Stories © Paolo Ventura
Ho appena dato un'occhiata ai Best Photo Books of 2009 di Conscientious e ho pensato di suggerire un nome in più, soprattutto perchè dimostra perfettamente come "non c'è un modo semplice di descrivere che cosa sia la fotografia contemporanea", come Jörg M. Colberg scrive a chiusura della sua lista:
la mia selezione comprenderebbe sicuramente Winter Stories di Paolo Ventura, un racconto magico senza parole, fatto di clown malinconici, mangiatori di spade, librerie polverose e tutte le altre cose che si nascondono nel suono di un vecchio grammofono.
'L'immaginazione al potere', dicevano un tempo: Winter Stories è tra gli esempi migliori di come questo possa realizzarsi in fotografia.
Winter Stories © Paolo Ventura
Thursday, December 3, 2009
Doomsday Machines
Martin Miller, LGM-118 "Peacekeeper" (MX Missile) ICBM (10ea 300-kT W87 Warheads) 1986
Take a trip back to WWII and then along the decades of the Cold War with the amazing works of Martin Miller, 70 years of history seen through the weaponry and technology built on the dream and the nightmare of The Bomb.
Found in the latest issue of 100 Eyes Magazine.
Martin Miller, Experimental Nuclear Propulsion Reactor HTRE-2 for Strategic Bombers 1957
Fate un viaggio indietro nel tempo, fino alla Seconda Guerra Mondiale e poi lungo i decenni della Guerra Fredda con i lavori di Martin Miller, 70 anni di storia rivisitati attraverso la tecnologia e gli armamenti costruiti attorno al sogno e all'incubo dell'Arma Finale.
Trovato nell'ultimo numero di 100 Eyes Magazine.
Martin Miller, Mk-6 Atomic Bomb (160 kT) 1951
Wednesday, December 2, 2009
Manners
Karen Knorr, The Kings Reception, from Fables, 2003-2008
The elite world, its palaces and its luxurious interiors seem to dominate Karen Knorr's photography. Culture, wealth, social status are all different declinations of the same representation of power that crosses all her series, where a luscious imagery conceals a subtle baring of the ridiculousness of the social postures of the ruling classes. Spanning over more than twenty years so far, her work initally showed staged daily life moments of the upper class, but slowly took the human figures away from the scene, replacing them with animals elegantly inhabiting grand halls, corridors and salons.
Funnily enough, one of her first photographic series was called (and was about) Punks.
Karen Knorr, The Analysis of Beauty, from Connoisseurs, 1986-1988
Il mondo delle élite, i suoi palazzi e i suoi lussosi interni dominano l'opera di Karen Knorr. La cultura, la ricchezza e lo status sociale sono tutte differenti declinazioni della stessa rappresentazione del potere, dove un immaginario sontuoso nasconde una sottile messa a nudo del ridicolo insito negli abiti sociali delle classi dominanti.
Coprendo un arco di più di vent'anni, i suoi lavori iniizialmente mostravano messe in scena di momenti di vita quotidiana dell'alta società, ma poi lentamente le figure umane sono scomparse per lasciar posto a animali che occupano con eleganza grandi sale, corridoi e salotti.
Curioso notare che una delle sue prime serie fotografiche era intitolata (e parlava di) Punks.
Karen Knorr, The Recapture of the Territory is no more than an Appetiser to the big Match, from Gentlemen, 1981-1983