Friday, November 6, 2009

Death of an albatross

This photograph shows plastic found in the stomach from the carcass of a Laysan Albatross fledgling. Collected and arranged by Dr Cynthia Vanderlip, Division of Forestry and Wildlife, Hawaii. Photograph: Rebecca Hosking/Philosophical Transactions of the Royal Society

Atollo di Midway, "a più di duemila miglia dal continente più vicino", alcune settimane fa.
Carcasse di piccoli di albatros fotografati come reperti investigativi, la stessa immagine per ogni animale morto, la più triste forma di tipologia fotografica. Dentro ciò che è rimasto di questi uccelli, dove una volta c'era il loro stomaco piccoli oggetti di plastica dai colori sbiaditi formano composizioni astratte, racchiuse dallo scheletro degli animali. Questo è Midway, l'ultimo lavoro di Chris Jordan, una documentazione del disastro ambientale che sta accadendo in "uno dei più remoti santuari marini", vicino a ciò che è stata chiamata la Great Pacific Garbage Patch, un vortice di spazzatura al centro dell'Oceano Pacifico del Nord che si stima sia diventato grande almeno quanto lo stato del Texas.
Difficile pensare un modo più forte di esprimere come l'idea di un luogo incontaminato nel nostro pianeta sia praticamente perduta, una volta che ci si rende conto che questi cuccioli in fondo sono stati uccisi dai loro stessi genitori che li hanno nutriti con spazzatura che hanno raccolto dall'oceano credendo fosse cibo.


Midway atoll, "more than 2000 miles from the nearest continent",
a few weeks ago.
Carcasses of albatross chicks photographed almost like police evidences, the same shot for every dead animal, the saddest possible form of photographic tipology. Inside what's left of these birds, where their stomach was, tiny plastic objects with their bleached colors create abstract compositions, encased in the animal's skeletons. This is Chris Jordan's latest work,
Midway, a documentation of the environmental disaster taking place in "one of the world's most remote marine sanctuaries", close to what has been named the Great Pacific Garbage Patch, a gyre of marine litter in the central North Pacific Ocean estimated to be at least the size of Texas. I doubt there is any stronger way to state how the concept of pristine is almost lost in our planet, once you realise that those chicks are basically killed by their own parents feeding them garbage collected from the ocean and that they mistook as nourishment.


Dopo Running the Numbers, in cui aveva realizzato enormi immagini utilizzando migliaia e migliaia di diversi oggetti la cui massa rappresentava la portata dei principali dati dell'inquinamento e della produzione di massa, Jordan cambia drasticamente approccio pur indirizzando il suo lavoro verso le stesse problematiche globali: mentre nella precedente serie le immagini erano assemblate dall’autore in dei murali di strati di informazioni e di significato che quasi schiacciavano lo spettatore, qui la realtà parla da sola, come si lui stesso tiene a dirci. “Neanche un singolo pezzo di plastica presente in queste fotografie è stato mosso, disposto, manipolato o alterato in alcun modo. Le immagini riproducono l’effettivo contenuto dello stomaco di questi uccelli”, scrive Jordan.
La stessa persona che ha prodotto quei mosaici che nascondevano terribili verità dietro immagini innocue ora ci mostra come quegli oggetti che lui stesso manipolava possono presentarsi in composizioni ancora più assurde: creature viventi che celano l’impossibile nei loro stomaci. La natura è quindi ora letteralmente invasa, come le muraglie di merci di Jordan suggerivano che stesse accadendo. Ed è riuscito a esprimerlo nel modo più semplice possibile, ritornando ad una delle radici dell’immagine fotografica stessa: la registrazione della realtà.



In fotografia spesso si sceglie di affrontare problematiche sociali, dichiarando di cercare una qualche sorta di verità e suggerendo un “Io c’ero” del fotografo, supportando le immagini con la verità della storia che queste vogliono raccontare. Ma spesso queste immagini sono confuse, mostrano poco e cercano di colpire lo spettatore con uno stile aggressivo. Non c’è verità riconoscibile in questo tipo di fotografie, ma le loro didascalie ci informano di un luogo, di persone, di un momento che starebbero mostrando e noi quindi in qualche modo le crediamo vere, le assumiamo come elementi della storia, come una forma distorta di prova.
Ma con Midway l’atto che il fotografo compie dicendo “è esattamente come state vedendo” ritrova una dignità e un’importanza, l’affermazione di verità diventa un’assunzione di responsabilità e il compito diventa raccogliere tracce da un luogo lontano e mostrarle nel modo più fedele possibile.



Paolo Pellegrin, uno dei fotografi in prima linea della Magnum, ha detto: “Mi interessa di più una fotografia ‘incompiuta’, una fotografia che sia suggestiva e che possa suscitare una conversazione o un dialogo. Esistono immagini che sono come chiuse, finite, in cui non c’è modo di entrare.” Che possiamo dire delle immagini di Midway allora? Sono immagini “incompiute” così come lo intende Pellegrin, oppure sono “chiuse” e “finite”?
Raramente mi è capitato di vedere un lavoro che abbia affrontato una tematica sociale in modo così forte come Jordan ha fatto con queste immagini, raramente ho visto uno stile visivo semplice, sincero e tanto efficace come questi ritratti post mortem di un’innocenza primordiale. La cosiddetta fotografia documentaria qui esprime il suo senso più profondo, quello di ‘produrre documenti’, proprio come un autore così apparentemente ‘manipolatore’ come Chris Jordan è riuscito a fare.



Coming from his
Running the Numbers works, where basically he composed large images using as units thousands and thousands of different elements picked from mass consumption and pollution datas, Jordan makes a strong visual shift from that work but still addresses the same globas issues: where in that work the images were assembled by the author, presented into murals where layers of meanings and visual informations almost towered above the viewer, here reality speaks by itself, and Jordan merely records it, as he cared to state. "Not a single piece of plastic in any of these photographs was moved, placed, manipulated, arranged, or altered in any way. These images depict the actual stomach contents of baby birds", he says.
The same person who gave us ironic mosaics hiding terrible truths behind innocent images now shows us how the same objects he's been manipulating can arrange themselves in even more absurd compositions: living creatures holding the impossible inside their own bellies. Nature is now literally invaded, like Jordan previously suggested with his walls of commodities. And he achieved that in the simplest possible way, going back to the very roots of the idea of photography: the recording of reality.


Photography often faces social issues claiming to seek for some kind of truth, suggesting some kind of "I was there" by the photographer, supporting the images with the reality of the story they're telling. But often those images can be confused and confusing, showing very little of those stories and impressing the viewer with an in-your-face style. No discernible truth in those images, but still their captions inform us about that place, those people, that very moment they're somehow showing, and we kind of believe them, we take them for granted, they become some form of twisted evidence.
But with
Midway, the act of the photographer stating 'everything is as you see it' regains its original dignity and importance, the statement of truth becomes an assumption of responsability, and the photographer's task here becomes to collect traces from a distant place to show them in the most faithful possible way.
Paolo Pellegrin, one of Magnum frontline photographers, said: "I'm more interested in a photography that is 'unfinished' - a photography that is suggestive and can trigger a conversation or dialogue. There are pictures that are closed, finished, to which there is no way in." What can we say about Jordan's
Midway then? Are these 'unfinished' images as Pellegrin intends, or are they 'closed' and 'finished'?
Rarely I saw a photographic work pointing out a social issue in such a powerful way as Jordan did with these images, and rarely I saw such a honest, simple but yet so strong visual style applied to concerned photography as in
Midway. Documentary photography here achieves its most important task, which is to produce 'documents': funny to notice that this was done by an author recently so ‘manipulative’ like Chris Jordan.


All images except image n.1 © Chris Jordan

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