Friday, September 25, 2009

Contemporary black & white

Peter Schlör, Herde, 1987-2003

Rimango un grande amante della fotografia in bianco e nero, per questo sono sempre alla ricerca di lavori che ne esplorino nuove possibilità e ne esprimano una dimensione attuale, piuttosto che utilizzarla per riproporre stili e temi che ripetono semplicemente quello che è stato già fatto. Quindi sono rimasto subito molto colpito dal lavoro di Peter Schlör, un'affascinante combinazione tra un approccio concettuale e una ricerca realmente percettiva, una lunga sequenza di studi sulle forme di spazi naturali e artificiali dove le sottili sfumature di grigio che portano dal nero profondo al bianco puro danno profondità e vita alle sue composizioni spesso estremamente rigorose.

Alcune immagini di Schlör saranno in mostra a Roma dal 28 settembre nella mostra Cities - Places Visionaries, insieme a lavori di Gabriele Basilico, Marco Zanta, Michael Wolf, Shaun Gladwell, Dmitry Gutov e Damir Ocko.

Peter Schlör, Bergkette, 2007

I'm still quite fond of B/W photography and always looking for works that somehow keep it alive and explore new possibilities for it, rather than using it to propose something that simply repeats what was already done. This is why I was immediately fascinated by Peter Schlör's photography, a beautiful combination of a conceptual and an extremely perceptive approach, a long sequence of studies of the shapes of natural and artificial spaces where the subtle changes of shades of gray from pitch black to pure white give depth and life to its often strict compositions.

Some of his images will be on show in Rome from September 28 in the exhibition
Cities - Places Visionaries, together with works by Gabriele Basilico, Marco Zanta, Michael Wolf, Shaun Gladwell, Dmitry Gutov and Damir Ocko.

Peter Schlör, Agando, 2009

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Tuesday, September 22, 2009

11 Cliches

#1 The dodgy painting (which, by the way, is part of Joelle Jensen's work)

A midsummer blog's plea for a new photography: the New Cliches of Phototgraphy by Manchester Photography (aka Mark Page).

Anybody wants to add something to the list?

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Discontinued

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Sunday, September 20, 2009

Credit crunch

Michael Najjar, lehman brothers_92-08, 2009

"Il fotogiornalismo sta davvero morendo?", qualcuno a fine agosto ha chiesto a Michele Neri, attuale direttore dell'agenzia fotografica Grazia Neri durante lo scorso festival di Perpignan. "No: il senso, la necessità, i progetti sono più vivi che mai. Diciamo che sono sempre più difficili gli sbocchi al mercato. Un fotografo passa la vita a cercare storie, e poi il suo lavoro dove va a finire? È una domanda cui adesso non sappiamo bene che cosa rispondere", ha detto.

“Is photojournalism really dying?” somebody asked at the last Perpignan festival to Michele Neri, director of Grazia Neri photo agency. “No: its own purpose, its necessity and all the projects based on it are alive more than ever. Let’s just say that access to the market is more and more difficult. One photographer spends his life looking for stories and then what happens of his work? Today we don’t know exactly how to answer to this question”, he replied.

Fatto sta che 17 giorni dopo lo stesso Neri ha annunciato la messa in liquidazione dell'agenzia a causa di una contrazione dei ricavi del 40% solo nell'ultimo anno (buffo notare che la storia è comparsa su PDN e British Journal of Photography un giorno prima che su qualsiasi media italiano - qui).
La crisi del mercato editoriale iniziata nella seconda metà del 2008 viene indicata come la causa principale del fallimento dell'agenzia.
Tanto si potrebbe scrivere e dire su come sta cambiando il mercato editoriale e su quanto il 'peso' delle immagini fotografiche stia oscillando, quanto la professione di fotografo stia subendo ridimensionamenti a fronte della disponibilità sempre più ampia di fotografie, che va a minare la garanzia del riconoscimento professionale e economico del lavoro necessario a produrre tali immagini.
Tale crisi del resto altro non è che parte della crisi finanziaria globale che è “caduta” su di noi da un anno a questa parte, e ognuno ha le sue opinioni su cosa stia succedendo alla fotografia come professione in questo preciso momento.
Suggerisco di pensarci guardando proprio tre lavori fotografici che propongono ognuno un diverso approccio visivo al mondo finanziario e alla sua crisi, tre visioni completamente differenti tra loro che, partendo dallo stesso tema, esprimono tre tra le tante identità che la fotografia può avere: e forse la salvezza della fotografia può proprio stare in questo, nel ribadire che non si tratta di un apparecchio che produce immagini (sembra ovvio, ma non lo è), ma di tantissime persone diverse che realizzano le loro personali visioni, che esprimono una loro ricerca. Più un oggetto (una fotografia) viene considerato facilmente realizzabile, più allora vanno ricordate la mano e la mente umana dietro la sua realizzazione, se si vuole provare a ridare alla fotografia in generale quella dignità che deve avere come espressione di creatività umana.

Ecco quindi un volo in tre tappe dai marciapiedi di un distretto finanziario verso altitudini e verità sovrumane:

Wall Street © Benjamin Norman

- Benjamin Norman ci mostra le strade di Wall Street nel più classico stile di street photography, una roccaforte di frenesia, avidità, stress e quant'altro mentre viene lentamente circondata dalla pressione e dalla rabbia del mondo circostante.

Garden of Eden © Jan Stradtmann

- Jan Stradtmann in Garden Of Eden ha fotografato la solitudine di operatori finanziari rifugiati nella quiete di un parco londinese durante i primi mesi della crisi, la pace del luogo a esasperare il senso di ogni gesto e postura delle loro figure sottilmente tormentate. (Norman e Stradtmann entrambi trovati via Conscientious)

- Infine Michael Najjar,il cui ultimo lavoro High Altitude presenta le vette di catene montuose trasformate negli indici finanziari degli ultimi 20-30 anni dei principali titoli di borsa, la virtualità dei dati contro la pesantezza dei loro effetti sul mondo reale espressi in forma di crinali immaginari.

PS Uno dei commenti alla fine del pezzo di PDN su Grazia Neri dice: “Grazie a MCReuters e a APDonalds. E ai blogophotographers. Hanno ucciso il mercato.”

Chi sarebbero esattamente questi ultimi sarebbe un’altra interessante discussione.

Michael Najjar, dax_80-09, 2009

Fact is, 17 days after Neri himself announced that the agency is entering liquidation due to a 40% decrease in sales during the last year only (funny that the news came out first on PDN and British Journal of Photography than on any Italian media).
The crisis of the editorial market that started in the second half of 2008 is addressed as the main reason leading the agency to shut down.
Much could be written about how the editorial market is changing and how the role of photography is shifting, and also how the photographic profession is being downsized face to the increasing availability of images that is undermining the professional and economical acknowledgement of the work required to make these photographs.
This crisis is anyway part of the global financial crisis that ‘fell’ on the world a year ago, and everybody has different opinions about what is happening to the profession of photographer in the present time.
I suggest to make some thoughts while looking at three photographic works each proposing a different approach to the present financial world, three totally different statements that starting from the same issue show three different identities of photography: maybe the future of photography is once more in this, in the fact that it’s not the tools you use that make the images, but it’s about many people shaping their own visions, and expressing their creativity. Maybe the more the object (i.e the image) is considered an easy thing to be made, the more the human hand and mind behind it must be shown in order to give back to photography the dignity it must have as an expression of human creativity and craftsmanship.

Here’s a flight in three steps from the sidewalks of a financial district to inaccessible altitudes and impossible truths:

Wall Street © Benjamin Norman

- Benjamin Norman shows us Wall Street in the most typical street photography style: a stronghold of greed, frenzy and stress that is slowly surrounded by the anger and the pressure of the outside world.

Garden of Eden © Jan Stradtmann

- Jan Stradtmann in Garden of Eden photographed the loneliness of bankers seeking some solace in the peace of a London park during the first months of the crisis, with the quite and silent place enhancing the meaning of every little gesture and posture of their distressed bodies.
(Norman and Stradtmann both found via Conscientious)


- Michael Najjar’s last work High Altitude transforms mountain peaks in the shape of the leading stock exchange indices of the last 20-30 years, merging the virtuality of the datas and the weight of their effect in the real world into imaginary mountain ridges.

PS One of the readers comments following the PDN reporting of Grazia Neri shutting down says: “Thanks to McReuters and AP Donalds. And to blogophotographers. They killed the market.”

Who exactly are the latter would be another interesting discussion.

Michael Najjar, nikkei_66-09, 2009

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Thursday, September 17, 2009

Fading places

© Michele Cera

Con grande ritardo scrivo per la prima volta anche del lavoro di Michele Cera, anche lui parte del gruppo di Global Photography e il cui lavoro in qualche modo seguo da circa un anno. Le fotografie presentate alla mostra, realizzate in Albania, portavano come titolo Journey into a fragile lanscape, ma fragile è una parola che dice molto di tutto l'insieme del suo lavoro, immagini di luoghi e persone che sembrano sull'orlo di scomparire, una luce bianca che cade su spazi che si sforzano di sopravvivere, una visione divisa dal dubbio tra mostrare e non mostrare, includere oppure togliere tanto di ciò che si mostra di fronte all'obbiettivo.

© Michele Cera

Another overdue mention is for Michele Cera's work, part of the Global Photography bunch and whose work I've been somehow following over the last year. His selection of photographs at the show was called Journey into a fragile lanscape and they were realised in Albania, but fragile is a word that says a lot about the ensemble of his work, images of places and people that seem to be on the verge of fading away, a bleaching light falling upon spaces struggling to survive, a vision thorn by the doubt between showing and not showing, including or taking off most of what is in front of the lens.

© Michele Cera

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Wednesday, September 16, 2009

Photo goodies


"Buffet è una collezione di edizioni speciali, libri e portfolii, libri d'artista, scambi di stampe e volumi e le tante forme interessanti in cui i fotografi presentano e vendono i propri lavori."

5B4 ha un vero concorrente, e quindi con estremo ritardo pago il mio omaggio al blog di Andrew Phelps, un banchetto di affascinanti oggetti fotografici, condito da appetitosi assaggi di diario personale, come le sue corrispondenze dal Giappone durante la realizzazione del suo ultimo libro, Not Niigata.

"Buffet is a collection of special editions, book + print sets, artist's books, print/book trades and various interesting ways in which photographers are packaging and selling their work."

5B4 has definitely a contendent, and so I pay my overdue hommage to Andrew Phelps' blog, a true banquet of interesting photographic objects, garnished with some delicious tastes of personal diary, like his reports from Japan while working on his latest book, Not Niigata.

Not Niigata © Andrew Phelps

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Trough the glass ball

© Chris Rain

La scoperta più interessante che ho fatto durante le letture portfolio al SiFest è probabilmente il lavoro I'm the Snow di Chris Rain, un giovane fotografo italiano le cui immagini sono favole surreali ispirate da memorie della sua infanzia. Tecniche di sviluppo alternative e doppie esposizioni in camera oscura immergono le sue strane composizioni di oggetti e figure in una foschia che dà la sensazione di osservare misteriosi eventi attraverso un'antica e polverosa sfera di cristallo. Il suo portfolio è stato premiato con un'esposizione durante la prossima edizione di FOTOsintesi, quindi prendete nota.

© Chris Rain

The most interesting find that came from the portfolio reviews I made at SiFest is probably the work I'm the Snow by Chris Rain, an Italian young photographer whose images are surreal fairy tales inspired by memories of his childhood. Alternative developing processes and double exposures in darkroom bathe his often eerie set-ups in some kind of mist that gives the feeling of watching mysterious happenings through an old and dusty glass ball. His portfolio was awarded with an exhibition at 2010 FOTOsintesi festival, so take note.

© Chris Rain

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Tuesday, September 15, 2009

After the SiFest

Installation view of 20 fotografie e 6 appunti © Marco Zanta

Tornato dal SiFest 2009 come prima cosa rimane il piacere di essersi conosciuti, di aver dato un volto a tante persone con cui in passato mi ero solo scambiato delle e-mail o di cui semplicemente conoscevo il lavoro e che finalmente sono diventate un volto, una voce, un compagno di tavolo. Poi c’è tutta la fotografia che si è vista e di cui si è parlato, e l’aver visto messi in opera progetti di cui si sono seguiti i primi passi e le difficoltà e che poi sono diventati reali, compiuti, belli.

Back from SiFest 2009, the main thing I felt was the pleasure of having met with people, of having seen the face of many I just exchanged many e-mails with or only saw their work so far, and then finally heard their voice, shared a table, had a chat with them. Then the joy for all the photography I saw, and for those projects of which I somehow followed the steps in the past months and which then at last were in front of me as real, accomplished and beautiful things.

Tra le molte persone incontrate, mi piace ad esempio ricordare il tempo passato insieme a Seba Kurtis, Andrew Phelps e Mathieu Bernard-Reymond, presenti nella mostra Global Photography - Looking at/Looking for e con cui rimane in sospeso la domanda a cui non sono stato capace di rispondere: perché molti italiani quando parlano dello stato della fotografia in patria si lamentano così tanto.

Troppe risposte da dover dare, oppure nessuna?

Installation view of Global Photography - Looking at/Looking for © SiFest

Grazie ai curatori di Global Photography Massimo Sordi e Stefania Rössl che mi hanno permesso di affacciarmi nel mondo reale (ovvero non informatico) del dibattito sulla fotografia italiana, invitandomi a partecipare alle tavole rotonde dedicate alla giovane fotografia, e così il ruolo dei blog e della comunicazione on line ha cominciato timidamente ad affiancarsi ai tradizionali temi di discussione sulla fotografia, e chissà che questo non sia qualcosa di cui in Italia si ha un po’ bisogno.

Oltre alla mostra Global Photography (sul cui catalogo Massimo e Stefania hanno gentilmente voluto ospitare anche alcuni miei pensieri in libertà), mi piace ricordare il progetto sin-tesis, campagna fotografica volta a esplorare il mondo dell’industria nel territorio attorno a Savignano, il cui primo capitolo è stato realizzato da Marco Zanta con il bel lavoro 20 fotografie e 6 appunti, in mostra insieme alle fotografie dei ragazzi che hanno partecipato ad un workshop con Zanta dedicato allo stesso tema (qui il blog del workshop).

Altre impressioni, scoperte e incontri portati a casa con me dai giorni del SiFest torneranno nei prossimi giorni, rimanete sintonizzati.

Installation view of sin_tesis lab #1 © SiFest

Among the many people I met, I would like to remind the time I spent with Seba Kurtis, Andrew Phelps and Mathieu Bernard-Reymond, who were included in the Global Photography-Looking at/Looking for show and who asked me many times a question that remain unanswered: why Italians tend to complain so much about the state of photography in their own country.

Too many answers to give in one, or none?

Installation view of Global Photography - Looking at/Looking for © SiFest

Thanks to Massimo Sordi and Stefania Rössl, curators of Global Photography, who gave me the chance to step into the real (and not just virtual) world of the debate about Italian photography by inviting me to a panel about young photographers: this way I humbly tried to bring blogs and online photography to sit next to the traditional issues discussed in this debates, and who knows if this is something we could use a little bit in Italy.

Peter Bialobrzeski and Marco Zanta during the panel 'Photography and education'

Besides the show Global Photography (and thanks again to Massimo and Stefania for inviting me to write some free flow thoughts for the catalogue of the exhibition), I especially liked the sin_tesis project, a photographic campaign aimed at exploring the industrial world of the area around Savignano, home of the SiFest. The first chapter was realized by Marco Zanta with his beautiful work 20 fotografie e 6 appunti (20 photographs and 6 notes), on show together with images by the students of a workshop with Zanta himself about the same theme (find the workshop’s blog here).

More thoughts, discoveries, faces I brought back home with me from the festival in the next days, so stay tuned.

Installation view of 20 fotografie e 6 appunti © Marco Zanta

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Wednesday, September 9, 2009

SiFest 2009


La 18esima edizione del Savignano Immagini Festival si svolgerà dal 11 al 13 settembre a Savignano sul Rubicone. La collettiva Global Photography, Lost in Transition di Peter Bialobrzesky, Luxury di Martin Parr e 20 fotografie e 6 appunti di Marco Zanta sono tra le mostre in programma. Incontri, conferenze, proiezioni e letture portfolio sono previsti lungo i tre giorni del festival. Io sarò tra i lettori portfolio, quindi spero ci vedremo da quelle parti nel week end!

The 18th edition of the Savignano Immagini Festival will take place on September 11-13 in Savignano sul Rubicone, Italy. The group show Global Photography, Peter Bialobrzesky's Lost in Transition, Martin Parr's Luxury and 20 fotografie e 6 appunti by Marco Zanta are among this year's exhibitions. Lectures, conferences, slideshows, portfolio reviews and more will happen during the three days. I'll be there as a portfolio reviewer, so hopefully see you around!

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Thursday, September 3, 2009

Faces

Mike Brodie, Self portrait, 2005

Un'altra dose di ritratto per continuare la 'terapia', cogliendo l'occasione per rinfrescare i link ai lavori di Mike Brodie, alias Polaroid Kidd (anche qui). Brodie ha di recente chiuso entrambi i suoi siti personali e apparentemente non c'è traccia di altre sue attività sul web.
Fuga dal mainstream? Cambio di strategia suggerito da un qualche agente?
Dopotutto ha solo 24 anni...

Some more portrait therapy (hope Mrs Deane will allow me this quote), taking this as a chance to refresh some links to the works of Mike Brodie, aka Polaroid Kidd (see also here). He recently took both his websites off, and apparently is nowhere to be found active on the net anymore.
Escape from the mainstream world? Change of strategy suggested by some fancy agent?
After all, he's only 24...

Mike Brodie, Allen with grandma. New Orleans, Louisiana, 2005

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Wednesday, September 2, 2009

Suits and ties

Hin Chua, from They called me a corporate whore

"Vi chiedo di considerare le mie serie su Flickr come un blocco per appunti, niente di più, niente di meno.

Credo di essere o un individuo ridicolmente dedito e concentrato a diventare un moderno uomo del Rinascimento, oppure un povero illuso pretenzioso e votato al fallimento."

Promesso, Hin Chua (compagno di @Paris, tra l'altro), ma permettimi di segnalare la serie estesa del tuo They called me a corporate whore, che magari potrai considerare meno importante del tuo più recente After the Fall, ma di cui ho bisogno per uscire dal deserto di figure umane che sta affliggendo le mie scelte fotografiche...

Hin Chua è anche uno degli autori di insig.ht, un'interessante rivista fotografica on line ricca di diverse rubriche e approfondimenti.
La mia scelta tra gli articoli pubblicati recentemente? La vera storia dell'elefante ritratto in Exhausted Renegade Elephant, Woodland, Washington, June 1979, di Joel Sternfeld.

Hin Chua, from They called me a corporate whore

"Please to be considering my Flickr account as a sketchbook, no more, no less.

I am either a driven, focused and ridiculous individual striving to become a modern-day Renaissance man, or a pretentious, deluded dork heading for a fall."


I will,
Hin Chua (fellow @Paris contributor, by the way), but allow me to link to your extended They called me a corporate whore series, which you might even consider less important than your more recent and wider task pursued with After the Fall, but which I need in order to get out of my loop of photographic picks almost deprived of any human presence...

Hin Chua is also one of the photographers producing insig.ht, an online photographic magazine full of interesting features.
My pick among the current pieces on the website? The
true story behind the elephant portrayed in Joel Sternfeld's Exhausted Renegade Elephant, Woodland, Washington, June 1979.

Hin Chua, from They called me a corporate whore

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Tuesday, September 1, 2009

@Paris

© Fabio Severo

Mus-mus ha appena inaugurato la sua nuova collettiva fotografica on line, @Paris. Dopo lo scatto collettivo che ha dato vita a @600, questa volta sono stati chiamati a raccolta più di 100 fotografi per contribuire ognuno con un'immagine realizzata a Parigi. Con gioia ho partecipato a entrambi i progetti, in attesa del prossimo appello fotografico del misterioso clan!

Mus-mus has just launched their new online group show, @Paris. After the collective shooting moment of @600, this time they gathered a wide number of photographers under the theme of Paris, inviting people to provide an image made in the city of lights any time in their life. I was really happy to join both projects, looking forward for the next call for action by the mysterious clan!

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