Saturday, November 29, 2008

Weekend Flick

Stranger Than Paradise, Jim Jarmusch, 1984.

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Friday, November 28, 2008

Where are we

Kudàsz Gàbor, Summit, Pietros, 2003.

Un'altro autore pescato da @600 di mus-mus: Kudàsz Gàbor, con le sue immagini che descriverei come "paesaggi dell'estraneità".

P.S. Giorni fa ho trovato un sito che rimandava a questo blog con le seguenti parole: "Sapete che io adoro il trash-talk all'europea, voi apprezzerete le immagini".

Penso di aver fatto felice questa persona un'altra volta...

Kudàsz Gàbor, Man and son, Kerepesi Cemetery, 2005.

One more pick from the @600 mus-mus gallery: Kudàsz Gàbor, with his images I would dare to call "the landscape of the unfamiliar".

P.S. I recently found a website linking to this blog with the following comment: "You know I love the euro-trash-talk. You will like the pictures".

Guess I made that person happy again...

Kudàsz Gàbor, Safety Light, Városliget (Olaf Palme Boulevard), 2006.

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Wednesday, November 26, 2008

In good company

Rome, November 4, 2008.

Questo è ciò che una giornata nuvolosa (poi trasformatasi in quasi tempesta) ha ispirato a me (Fabio Severo) e a Alessandro Imbriaco come nostro contributo a photographers @600, la collettiva online promossa da mus-mus che presenta la serie di singole immagini che 100 fotografi hanno realizzato in tutto il mondo il 4 novembre 2008 (una data un po' particolare, no?) all'orario internet di 600 beats (circa le 14:30 per noi). Lode al clan mus-mus per i loro sforzi nel coordinare e presentare questo lavoro collettivo, andatevi a vedere che elenco sfarzoso di fotografi che hanno messo insieme!

This is what a cloudy day (later turned into some kind of rainstorm) inspired me (Fabio Severo) and Alessandro Imbriaco as our contribution to photographers @600, the online group show promoted by photolovers group mus-mus, showcaswing each single image made by 100 different photographers all over the world on November 4, 2008 (not a day like any other, isn't it?) at internet time 600 beats (which for us was around 14:3o local time). Praise to the mus-mus clan and their great effort in putting all these together, see what a wonderful list of photographers they gathered!

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La banalità dei luoghi

© Bert Danckaert

"Qualsiasi idiota può superare una crisi; è la vita quotidiana che ti logora"
Anton Chekhov (1860-1904)

Così recita l'incipit dell'ultimo libro di Bert Danckaert, Simple Present - Beijing, frammenti urbani degli spazi "anonimi e indisinguibili" che compongono quel tutto che siamo abituati a pensare e a vedere come Pechino. Mai vediamo presenza umana in queste immagini, mai uno spicchio di cielo, a malapena possiamo comprendere lo scopo dei luoghi e degli oggetti rappresentati, indizi per risolvere un'enigma impossibile.


“Any idiot can face a crisis; it is this day-to-day living that wears you out"

Anton Chekhov (1860-1904)

This is the opening of Bert Danckaert's last book, Simple Present - Beijing, urban fragments of the "unremarkable, undistinguished" spaces that compose the whole we are used to think and see as Beijing. We never see any kind of human presence, as we never see any trace of the sky in those scenes, we almost never understand the purpose of the objects and the places depicted by Danckaert, like leads towards the solving of an impossible riddle.

© Bert Danckaert

Make Sense! è il titolo del suo primo libro, una sorta di primo capitolo della sua lunga collezione di angoli di spazio che non ci permettono in alcun modo di ritrovare le immagini familiari che possiamo avere di una città. Per quanto Pechino sia una dei luoghi più fotografati degli ultimi anni, niente in queste immagini ci restituisce quegli elementi con cui ci siamo abituati a riconoscere questo simbolo della trasformazione della Cina comtemporanea. Per comprendere davvero le immagini di Simple Present - Beijing è necessario tornare a tutte le immagini che ci hanno mostrato vedute immense di un paesaggio in continuo mutamento, grattacieli che erodono gli spazi della vecchia città e gru che invadono i cieli, per poi tornare a queste piccole scene claustrofobiche con marciapiedi vuoti, blocchi di cemento abbandonati, saracinesche abbassate. Solo alcune immagini ci mostrano di sfuggita dei cantieri sullo sfondo, ma sembrano comunque dei monumenti senza senso, lasciati lì per sempre.

Un Atget della globalizzazione? Forse, ma questo vorrebbe dire che tanto mistero e avventura sono andati perduti da quando il nostro amato flâneur se ne andava in giro per le strade di Parigi. E pure la mia impressione è che Danckaert ci stia nascondendo qualcosa piuttosto che mostrarcelo, quindi penso che ci sia ancora una speranza, perchè posso sempre andare a cercare quello che le sue immagini non mostrano...

Gabriele Basilico ha intitolato Scattered City uno dei suoi libri di ampie vedute urbane, per esprimere "la complessità della città contemporanea", per mostrare come essa "prende e perde forma al tempo stesso": credo che Scattered City sia il titolo perfetto anche per il libro di Danckaert.

© Bert Danckaert

Make Sense! was the title of Danckaert's first book, which was the first chapter of his long-term collection of those corners of space that prevent us from recognizing any familiar image that we can have of a city. Although Beijing was perhaps one of the most photographed places of these last years, nothing in those pictures have those qualities we became accustomed to identify as the symbol of China's transformation as shown in so many photographs. To fully appreciate the images from Simple Present - Beijing, one needs to go back to all those photographs that gave us vast views of an ever-changing landscape, skyscrapers eroding the old buildings, cranes invading the sky and then look again at the claustrophobic small views of empty sidewalks, abandoned blocks of concrete, lowered shop's shutters of Danckaert's photographs.
Only a few images give a glimpse of construction sites in the background, but they still seem like meaningless monuments, left there forever.

An Atget of globalization? Could be so, but that would mean a lot of mystery and adventure got lost since our beloved flâneur was walking back and forth along the streets of Paris.
And yet, my feeling is that, rather than showing, Danckaert's photographs are hiding us something, so I think there's still hope, I can still search for all those things the photographs are not letting me see...

Urban landscape photographer Gabriele Basilico called Scattered City one of his books of wide views of cities around the world, to express "the complexities of the contemporary city", to show how it is "simultaneously taking and losing shapes": my feeling is that Scattered City would be the perfect name for Bert Danckaert's book, too.

© Bert Danckaert

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Tuesday, November 25, 2008

Lost in time

© Eva Leitolf

Eva Leitolf mi ha scritto per segnalarmi il suo lavoro e sono molto contento di poterlo menzionare in queste pagine. I suoi progetti sembrano tutti avere a che fare con le tracce (o le ferite) del passato e come esse incidano (o siano nascoste dentro) il nostro presente, che si tratti di episodi di razzismo nella Germania di oggi, del paesaggio di Beirut dopo la guerra degli anni '90 o dell'eredità coloniale tedesca in Namibia.

© Eva Leitolf

Eva Leitolf wrote me to let me know about her work, which I'm really pleased to mention here. Her projects all seem to deal with the traces (or the wounds) of the past that affect (or are hidden inside) our present time, whether she deals with racist episodes in contemporary Germany, the landscape of Beirut after the war in the 90's or the legacy of German colonialism in Namibia.

© Eva Leitolf

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Monday, November 24, 2008

Eccezioni

© Carlo Corradi

Cos'è che mi porta a guardare più volte le rigorose immagini di Carlo Corradi? Cartelloni stradali vuoti, persi nel buio, vedute del mare che mostrano i segni lasciati (?) dal nuotare di qualcuno. Forse è la sensazione che il sole al tramonto si rifletta su quelle superfici geometriche, forse è la strana idea di provare a lasciare delle tracce sul mare, chissà. Forse ne sapremo di più domani, quando sia lui che il sottoscritto saremo presenti nel debutto di un'interessante collettiva virtuale (in grande compagnia, vedrete). Per il momento continuerò a interrogarmi sulle sue immagini (e sui loro nomi misteriosi, come "Introspection exception, Studio #7").

© Carlo Corradi

What is it that keeps me looking at the strict style of Carlo Corradi's images? Empty street billboards lost in the night, a view of the sea with the signs left (?) by someone swimming inside it. Maybe it's the feeling of the sunset reflecting in those geometric billboards, maybe it's the fascinating idea of leaving a trace on the sea, who knows. We'll maybe find out more tomorrow, when a collective virtual show hosting both him and myself (together with a really great company, you'll see) will open. For now, I'll keep wondering about his images (and their mysterious names, like "Introspection exception, Studio #7").

© Carlo Corradi

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Wednesday, November 19, 2008

Abbandonato

© Pablo Cabado

Di tutti gli autori interessanti che compaiono su Heading East (un blog da visitare regolaramente, uno dei miei preferiti), devo almeno citarne uno: Pablo Cabado, in particolare il suo lavoro 37˚57’35”S 57˚34’47”W, una sorta di incontro tra topografia e ragioni del cuore (se questa cosa può avere un senso).

Of the many interesting photographers mentioned by Heading East (pay regular visit to this great blog, one of my favourite), I have to pick up one at least: Pablo Cabado, especially his 37˚57’35”S 57˚34’47”W project, topographic photography mixed with matters of the heart (if you get what I mean).

© Pablo Cabado

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Paris-Beijing

Ambroise Tézenas, from Theatre of the People.

La notte sembra essere l'elemento naturale per Ambroise Tézenas, come ad esempio dimostra con il suo bel lavoro sui quartieri della vecchia Pechino in via di sparizione (già spariti?), demoliti negli ultimi anni per il rinnovamento della città in vista delle Olimpiadi della scorsa estate.

Ambroise Tézenas, from Theatre of the People.

Ho scoperto il lavoro di Tézenas sul sito della Paris-Beijing Photo Gallery, una galleria dedicata alla fotografia che si trova nel Dashanzi, il 798 Art District della capitale cinese.

Chen Jiagang, Third Front, Stone Striking Water.

La galleria ha come obiettivo principale quello di "creare un ponte fra l'oriente e l'occidente e di iniziare un dialogo libero tra fotografi con diversi approcci e diverse esperienze culturali": la lista degli artisti è impressionante, è davvero raro vedere riunito un gruppo di lavori di così alto livello e che hanno tali risonanze tra di loro unite a delle identità e qualità ben distinte, un catalogo davvero notevole di arte fotografica, dove la bellezza delle immagini spesso si unisce a una reale capacità di esprimere visioni stimolanti della realtà in cui viviamo.

Xiao Chuan, That Space, That Time, 2007.

Night seems to be the natural element for Ambroise Tézenas - as he proved with his beautiful work on the disappearing (disappeared?) old Beijing, demolished in the past years for the town's renovation towards last summer's Olympic games.

Ian Teh, Dark Clouds.

I discovered Tézenas' work on Paris-Beijing Photo Gallery's website, a photographic gallery located in Beijing's Dashanzi 798 Art District. The gallery's statement says their main desire is "to create a bridge between the east and the west and to initiate a free flowing dialogue between photographers with different views and cultural experience", and this is one of those cases where it is actually the truth: the artists list is impressive, it is definetely rare to see such a group of high-quality works, both having strong resonances and quite distinct personalities, a place where you can really see fine art photography expressing great images that can also tell you something about the world you live in.

Floriane de Lassée, New York, 2005.

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Saturday, November 15, 2008

Weekend Flick

Les Triplettes de Belleville, Sylvain Chomet, 2003.

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Thursday, November 13, 2008

La memoria dello spazio

© Brian McKee

Structural Memory è il nome dell'ultimo lavoro di Brian Mckee: immagini create dalla sovrapposizione di diverse fotografie di edifici realizzate in Libano nel 2006. Componendo le diverse fotografie McKee crea una sorta di storia visiva dei luoghi: l'immagine diventa il luogo dove si consuma il conflitto tra passato e presente, dove ci si chiede come un luogo sarebbe potuto essere e come è stato costretto a divenire qualcos'altro.

© Brian McKee

Ci sono molti esempi di fotografia 'temporale' o 'stratificata' (migliaia di istantanee di uno stesso luogo fuse insieme, tutte le pagine di un libro in una sola immagine e così via), voglio solo fare altri due esempi applicati al paesaggio urbano:

- Michael Wesely, probabilmente il più grande autore di questo tipo di fotografia, con le sue incredibili vedute frutto di esposizioni lunghe anni (si, anni... qui potete leggere un mio vecchio post sul tema del tempo in fotografia).

© Michael Wesely

- Netropolis di Michael Najjar, che in parte ricorda Wesely, ma che è realizzato con la composizione digitale di diverse immagini.

© Michael Najjar

Structural memory is the name of Brian McKee's series of layered images of buildings and constructions made in Lebanon in 2006. By overlapping different images of the same place, Mckee creates the visual history of it: the image becomes the place where the conflict between past and present is consumed, and maybe the way to wonder how a place could have been, or how it was forced to become something else.

There are several examples of time-based or 'layered' photography (thousands of snapshots merged together, all the pages of a book in one image and so on), I just want to make two more examples applied to urban landscape:

- Michael Wesely, perhaps the master of this kind of photography, with his incredible views shot with years (yes, years) of exposure time (read a previous entry of mine about time in photography here - Italian only, sorry).

- Michael Najjar's Netropolis, where he displays a similar visual approach, but digitally composing different images.

© Brian McKee

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Tuesday, November 11, 2008

Dark Japanese

© Nobuhiro Fukui

Un altro bell'esempio di fotografia notturna giapponese, il lavoro di Nobuhiro Fukui. Mi chiedo se non sia possibile parlare di qualcosa del genere, visto che il suo stile richiama immagini di altri autori giapponesi: prendete ad esempio il già citato Tomoyuki Sakaguchi o le scene notturne contenute nel bombardamento visivo di Son of a Bit di Uchihara Yasuhiko. Qual'è il legame tra tutte queste immagini? La massa di diversi strati che compone la densità del paesaggio urbano? L'HDR? Effettivamente hanno in comune una particolare sensazione del buio e dell'oscurità, dove è sempre possibile scorgere qualcosa, una sorta di visione più clinica e chiara di quella dell'occhio umano.
Oppure è lo schermo del computer?
A volte mi sembra di non essere in grado di distinguere se un'immagine è fatta con una digitale a buon mercato o con un 20x25... Di nuovo, penso di aver bisogno di guardare più fotografia reale, sulla buona vecchia carta...


© Nobuhiro Fukui

Ho scoperto il lavoro di Fukui attraverso un bel progetto fotografico collettivo che sarà presentato tra poco più di una settimana, quindi non vi rovinerò la sorpresa (ma se sapete dove cercare potete già trovare qualcosa). Anche Hippolyte Bayard sarà coinvolto nel progetto, assieme a stelle ben più brillanti del panorama fotografico, quindi restate in attesa di aggiornamenti!

© Tomoyuki Sakaguchi

Another great example of Japanese night photography by Nobuhiro Fukui. I wonder if there's actually something we can call like that, since his style resonates with other Japanese works I saw: see for example the already mentioned Tomoyuki Sakaguchi or the night shots from the visual bombing of Son of a Bit by Uchihara Yasuhiko. What's the link between these images? The mass of layers creating the density of the different urban landscapes? The HDR? Matter of fact, they share a peculiar quality of darkness, where you can always see inside it, some kind of brighter-than-life vision. Or is it the LCD screen?
Sometimes I feel like I can't tell anymore if an image is cheap digital or 8x10... Again, need to look at more real photography, on good old paper...


© Uchihara Yasuhiko

I found out about Fukui's work thanks to a nice collective photographic project that will be unveiled in something more than a week, so I won't spoil the surprise (but if you know where to look, you'll already find something about it). The project also involves the full original Hippolyte Bayard team, next to much brighter stars of the photographic world, so stay tuned for updates!

© Nobuhiro Fukui

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Monday, November 10, 2008

Magazines

70mm Hasselblad Electric Camera (HEC) for the Apollo 16 mission.

Ho aggiornato i link alla destra della pagina del blog, con l'aggiunta di una sezione dedicata alle riviste fotografiche on-line. Alcuni dei link erano già presenti mescolati agli altri, adesso li trovate in una sezione separata, arricchita di molte nuove entrate (devo ringraziare gli archivi di Conscientious per gran parte di questa lista).
Le riviste on line sono un fenomeno in crescita, sempre di più un orizzonte di riferimento per la fotografia contemporanea, anche per l'ovvia ragione che le riviste su carta hanno un mercato sempre più ridotto (desolante il confronto tra quanta fotografia vedo esclusivamente on-line e quanta ne vedo su carta o su una parete, 10 a 1, o anche peggio, maledetta vita virtuale...).

Nessuna traccia di riviste in italiano, almeno io non ne ho trovate. Qualcuno si vuol fare avanti?

I've updated the links on the right side of the page, adding a section for the online photographic magazines. Some of the links were previously mixed with the others, and they're now listed separately with many new entries just added (I have to thank the Conscientious archives for most part of this list).
Online magazines are growing in number, they're more and more a true resource for contemporary photography, also given the fact that printed magazines have less and less market (frightening the comparison of the amount of photography I just see online with what I actually see on paper or on a wall - 10 to 1, or maybe worse, damn virtual life...).

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Saturday, November 8, 2008

Weekend Flick

Segreti di Stato, Paolo Benvenuti, 2003.

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Lost in space

© Ville Lenkkeri

Il fotografo finlandese (visto che sono ovunque?) Ville Lenkkeri ci dà il suo contributo personale a tre filoni molto in voga della fotografia contemporanea: stanze di musei, sale cinematografiche e immagini dalla Russia post-comunista.
Buona visione - poi andate a cercare i rimandi tra i tanti autori su questi temi, ma stavolta non vi aiuto.

Finnish (you see? They're everywhere!) photographer Ville Lenkkeri gives his personal contribution to three strong photographic subjects of our time: museum rooms, movie theatres and post-communist Russia.
Enjoy and then go searching for cross-references, this time I won't help you.


© Ville Lenkkeri

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Thursday, November 6, 2008

One, two, three

© Rip Hopkins

Piuttosto che un documento, una fotografia è una rappresentazione, piuttosto che una prova, qualsiasi immagine fotografica si presenta come un punto di vista: questo è ciò che probabilmente vuole dirci Rip Hopkins con il suo lavoro Romanian Rip, una sequenza di ritratti di gruppo realizzati a Timisoara, la città dove la rivoluzione rumena del 1989 determinò la fine del regime di Ceausescu. Hopkins è sempre in posa insieme alle altre persone, vestito come uno di loro, mentre tiene in mano uno scatto flessibile arancione che chiaramente afferma la costruzione dell'immagine. Rip La France è il sequel francese di questo lavoro, con Rip che si mescola a tutti i tipi di cittadini transalpini. Teorie estetiche a parte, gran divertimento e una ricerca visiva davvero interessante.

© Rip Hopkins

Rather than a document, a photograph is a representation, rather than a proof, any photographic image stands as a point of view: this is what maybe Rip Hopkins wants to tell us with his work Romanian Rip, where he stages group portraits of people from Timisoara, the town where the Romanian revolution of 1989 ended Ceausescu's regime. In every picture he poses together with those people, dressed as one of them, holding an orange shutter release that clearly states the fabricated nature of the image. Rip La France is the French sequel of this approach, with Rip mixing with all kinds of French citizens. Apart from aesthetical interpretations, quite a laugh and quite a strong visual statement.

© Rip Hopkins

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November 4, 2008

© Christopher Anderson/Magnum Photos

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Tuesday, November 4, 2008

Election Day

© Simon Norfolk

Che si può fare in una giorno così? Forse farsi una piccola risata nel frattempo, aspettando i risultati...

What can I do on a day like today? Maybe just have a laugh in the meantime, waiting to see some results...

Guess Who's Coming to Dinner, Stanley Kramer, 1967.

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Monday, November 3, 2008

From Korea

Suyeon Yun, ‘Candy Land’/ Traverse City MI, 2007.

Un amico mi ha scritto per segnalarmi due autrici coreane, entrambe attualmente residenti negli Stati Uniti. I loro lavori, per quanto distanti per molti aspetti, condividono un orizzonte di ricerca sui luoghi e su come gli esseri umani si muovono e si adattano all'interno di essi, a volte al punto di scomparirvi dentro:

- Homecoming di Suyeon Yun è un bellissimo lavoro di paesaggio urbano, interni e ritratti ambientali sulla vita di soldati americani rientrati dall'Iraq (almeno questo ho colto, poichè non ci sono testi a introdurre le immagini).

Suyeon Yun, Nageile/Detroit MI, 2007.

- The Pink & Blue Project di Jeong Mee Yoon è composto di ritratti di bambini circondati da tutti i loro oggetti di uno stesso colore, un'indagine "sulle tendenze delle preferenze culturali, le differenze nei gusti dei bambini (e dei loro genitori) all'interno delle diverse culture e dei gruppi etnici e sulla socializzazione di genere e l'identità. Il lavoro solleva anche altre questioni, quali la relazione tra genere e consumismo, urbanizzazione, la globalizzazione del consumismo e il nuovo capitalismo", per usare le sue parole.

Jeong Mee Yoon, Seunghyuk and His Blue Things, 2007.

A friend e-mailed me about two Korean photographers (both women), currently living in the U.S. Their works are quite distant one from the other, but my feeling is that they share a common goal to investigate the spaces inhabited by human beings and how we can fit in those spaces, sometimes to the point of disappearing inside them:

- Suyeon Yun's work Homecoming is a wonderful sequence of urban landscape, interiors and environmental portraiture about the life of US soldiers back from Iraq (at least that's what I caught, since there's no text introducing the images).

- Jeong Mee Yoon's work The Pink & Blue Project is made of staged portraits of babies surrounded by all their objects of the same color, a work about "the trends in cultural preferences and the differences in the tastes of children (and their parents) from diverse cultures, ethnic groups as well as gender socialization and identity. The work also raises other issues, such as the relationship between gender and consumerism, urbanization, the globalization of consumerism and the new capitalism", to use her own words.

Jeong Mee Yoon, The Pink Project - SeoWoo and Her Pink Things, 2006.

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