© Eric Percher
“Work affronta il tema delle costrizioni che accettiamo per ottenere successo: i vincoli generati dai desideri e dalle paure che guidano le nostre ambizioni iniziali; il restringersi di ulteriori aspirazioni che si rende necessario per difendere i risultati ottenuti; le limitazioni di una vita in un cubicolo d’ufficio, all’interno di un edificio numerato, in una città reticolata”.
L’angosciante riflessione è la premessa che Eric Percher fa per introdurre il suo progetto Work (anche qui), dove illustra la prigionia interna ed esterna che accompagna la vita del lavoratore d’azienda, solo contro (e dentro) luoghi freddi e immensi.
Molte delle sue immagini riescono a rappresentare molto bene quello che Percher scrive, anche se personalmente trovo che altre risentano di un eccesso di controllo, dove il senso di ‘staged’ si sente forse in maniera eccessiva, togliendo forza alle possibilità del ritratto ambientale e calcando troppo su una dimensione puramente simbolica.
A volte anche una striscia di Dilbert può aiutare a dire cose molto grandi in modo molto semplice (vedi in fondo al post)…
© Eric Percher
"Work considers the limitations we accept in order to obtain success: the constraints erected by the desires and fears that drive our initial ambitions; the stricture of further aspirations that becomes necessary to maintain the success we achieve; and the restrictions inherent to a life in an office-cube, within a numbered building, on a gridded city”.
Those are the frightening considerations made by Eric Percher to introduce his project Work (also here), where he depicts the inward and outward imprisonment marking the life of office workers, alone against (and inside) cold and immense spaces.
Many of his photographs really manage to represent what he meant in his statement, but personally I find that some of them suffer of an excess of control, where their staged quality is far too present, thus reducing the possibilities of environmental portraiture and pushing maybe too far on a pure symbolic level.
Sometimes even a Dilbert comic strip can say great things in a really simple way...
© Scott Adams
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