Wednesday, February 20, 2008

Semiotica del cuore


“Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente”. (Roland Barthes, La Camera Chiara)

Beh, ci auguriamo che ‘l’è stato’ barthesiano presente in The Long Grass di David Farrell accada tante volte a tutti quanti…
I suoi ‘paesaggi post-coitali’ (parole sue) ci mostrano il peccato ma non il peccatore, complicando le cose per il pensiero del semiologo francese, padrino della speculazione sul fotografico assoluto: i prati di Farrell sono effettivamente ‘un’emanazione del referente’, ma stavolta il referente non è, come nelle idee di Barthes, letteralmente ‘dentro’ l’immagine come segnale per l’equivalente realtà del mondo, il ‘referente’ nasce dentro di noi dal guardare, crea un’immagine di fantasia, come è giusto che sia.
Non abbiamo bisogno di vedere una coppia che amoreggia per immaginarla, ci basta qualcosa che stimoli la nostra sensibilità, la nostra capacità di fare immagini.
In fondo, quando si parla di arte non si tratta di far vedere proprio ciò che non è ‘fisicamente’ dentro un’immagine?

“What the Photograph reproduces to infinity has occurred only once: the Photograph mechanically repeats what could never be repeated existentially”. (Roland Barthes, Camera Lucida)

Well, we hope that the Barthesian ‘the-has-been’ element in
The Long Grass by David Farrell will occurr many many times to everyone…
His ‘post-coital landscapes’ (his words) show us the sin but not the sinner, messing things up for the thought of the French semiologist, the godfather of speculation over the photographic absolute. Farrell’s grass are effectively ‘an emanation of their own referent’, but this time the referent is not, as in Barthes’ ideas, literally ‘inside’ the picture as a sign or trace of the ‘real world': the referent is inside ourselves, it is generated by the act of seeing, it creates a fantasy image, as it always should be.
We don’t need to see a couple making love to imagine it, we just need something triggering our sensibility, our own ability in making images.
Isn’t art about showing what is not ‘physically’ inside the image, after all?

No comments:

Post a Comment