Due libri usciti recentemente documentano il lavoro svolto nell'ultimo anno da Andreas Gursky. Sono i cataloghi usciti in occasione delle sue esposizioni a Basilea e ad Instanbul e nell'Emirato di Sharja e bene illustrano il corso attuale di Gursky, dove la scala delle opere se possibile aumenta (la serie Boxenstopp, immagini dei Pit stop in Formula 1, misurano 223,4 x 609 cm) e lo sguardo 'sovrumano' che tanto spesso gli viene attribuito si intensifica ulteriormente.
Resta comunque un lavoro molto interessante per l'approccio con cui racconta la creazione e la fruizione di luoghi di aggregazione da parte degli esseri umani (espressione che mi sembra adatta all'approccio entomologico di Gursky).
Ed è interessante anche per la sua pratica fotografica, orientata com'è verso un'idea di 'opera' fotografica nel senso più solenne del termine, per la sua tecnica di 'manipolazione' (molti continuano a chiamarla così...) digitale, dove lo spazio viene rimodellato (aggiunta di elementi o cancellazione di altri in postproduzione), togliendo valore al momento dello 'scatto' come istante fondatore dell'immagine.
La 'verità' del mondo e della società umana nelle immagini di Gursky non è quindi nell'effettivo essersi manifestate come le vediamo al momento dello scatto (spesso una sua opera è composta da più fotografie assemblate insieme): sta piuttosto nella 'credibilità' di ciò che abbiamo di fronte, vale a dire nella capacità di tali immagini di suscitare sensazioni e pensieri sul nostro mondo a partire dalla rappresentazione che ne fanno.
E questo, al di là dello stile di Gursky, è un concetto che applicato alla fotografia non fa mai male...
Mi è capitato di leggere impressioni non esaltanti sulla qualità delle sue stampe mastodontiche, belle da lontano, povere da vicino, cosa che in effetti ho pensato di alcune sue opere viste in passato.
Chi ha voglia può provare a inseguirlo nel suo ricco tour di mostre.
Qui uno sguardo ad alcune di queste immagini recenti.
Monday, November 26, 2007
Su vasta scala
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Paesaggi/Landscapes
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