Thursday, November 29, 2007
Cadaveri quotati
Sandro Iovine ha scritto sul suo blog un articolo molto interessante sugli scomodi intrecci tra fotogiornalismo e arte fotografica, notando come le quotazioni delle fotografie di Paolo Pellegrin in una galleria di New York salgano in base al tasso di morte presente nelle immagini. Da qui parte una riflessione sul ruolo e sull'identità di chi fa tali immagini, proseguita da Cultframe. Lì, in particolare si ragiona sul giusto conflitto tra documentazione della realtà e mondo soggettivo dell'autore che va a sovrapporsi su tale realtà da documentare. Breve citazione: 'non è a nostro avviso possibile affermare di trovarci di fronte al "racconto della realtà" bensì il fruitore interagisce emotivamente con una narrazione filtrata dall'animo del fotografo, il quale rielabora il mondo attraverso una riformulazione personale degli accadimenti.'
Pur condividendo, viene da aggiungere un'ulteriore spunto: è probabilmente impossibile eliminare il filtro del fotografo, la parzialità e l'arbitrarietà di una fotografia sono di tali proporzioni che la visione del fotografo non è eliminabile. Vista in questo modo allora la questione diventa che tipo di sguardo ci troviamo di volta in volta di fronte, quanta libertà ci lascia di osservare qualcosa o quanto la sua visione sia 'chiusa' in un'unica direzione.
Dico questo perchè 'enfatizzazione drammatica dell'inquadratura, uso evidentissimo di contrasti, cieli lividi, fortissima sgranatura del bianco e nero, angolazioni impressionanti', per citare di nuovo come Cultframe descrive il lavoro di Pellegrin, a me non sembrano in primo luogo caratteristiche di un'immagine troppo libera e spregiudicata per raccontarci la realtà, ma piuttosto strumenti di una potenziale visione 'obbligata', imposta, senza spazi per liberi movimenti dello sguardo.
Lì sta forse un altro problema frequente della comunicazione visiva, anche applicata all'informazione, non lasciare allo sguardo la libertà di pensare e sentire, chiedergli solo di assumere una comunicazione già chiusa.
La fotografia di informazione non deve essere per forza così (e figuriamoci l'arte, allora), ed è per questo che adoro questa fotografia di Thomas Hoepker scattata a NY l'11 settembre 2001:
Più che un attimo, immagini di questo tipo sono racconti, ti chiedono comunque di pensare, ti fanno fare altre immagini.
A riprova basta cercare in rete tracce del grande dibattito sulla genesi e l'uso che è stato fatto di questa foto.
Ma, come si noterà da tale dibattito, la ricchezza della foto non è nella verità che restituisce, che può deludere o mistificare in mille modi, ma semplicemente nella possibilità di suscitare pensieri.
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